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Caduta libera. La Juventus crolla e il rumore è fortissimo. E' un tonfo pesante e che lascia un segno inevitabilmente profondo, quello di una stagione che ora è virtualmente finita. A due giornate dal termine, infatti, con la penalizzazione arrivata nell'immediato prepartita (10 punti tolti) la squadra di Allegri è fuori da tutti gli obiettivi di inizio anno (resta l'Europa League), appesa a un impresa impossibile dopo questo 4-1 per la Champions League e in bilico anche per l'EL, prima che tribunali e Uefa ne decidano le sorti. E il bilancio è fallimentare. Anche con tutte le giuste attenuanti del caso, anche con gli alibi che questa squadra ha, allenatore compreso. L'ultima figura fatta stasera è il segnale più forte di ciò che si è rotto, ma questa volta il tempo per recuperare e rimettersi in piedi non c'è, a patto che ce ne sia ancora la forza.

Ma ricapitoliamo velocemente. Fuori dalla Champions a ottobre con il ko contro il Maccabi come grande macchia della prima parte di stagione. Fuori dalla lotta scudetto dopo il 5-1 a Napoli. Fuori dalla Coppa Italia nello scontro con l'Inter dopo un ritorno impalpabile a San Siro. Fuori dall'Europa League contro il Siviglia, con tanta sfortuna e con il rammarico di non essere riusciti a fare di più. E fuori, ora, dalla zona Champions, per la sentenza arrivata e per questo brutto ko. In mezzo le sentenze, quel togli e metti che ha complicato tutto. 

E così, senza più obiettivi, con un colpo alla volta, sul campo e fuori, la Juve è arrivata sfinita. Sfinita come Allegri che in conferenza ammette: "Sono stanco anche io, sembra che mi scivoli tutto addosso, ma è umano, permettetemelo". Un allenatore che sembra quasi chiedere pietà: "E' uno stillicidio, quattro mesi così, spero solo finisca presto e che si possa tornare a lavorare bene". E lo dice con un certo sentimento, lasciando spazio alle critiche, come giusto che sia, ma ricordando quanto vissuto dalla squadra e non a mo' di alibi. "I ragazzi hanno fatto tutto quello che potevano fare", è la difesa. E la spiegazione segue: "A Siviglia abbiamo fatto una buona partita, poi siamo usciti e sei finito svuotato perché i ragazzi ci tenevano a vincere l'Europa League. E arrivi a Empoli con ciò che rimane, ma va così. Siamo arrivati allo stadio e avevamo 69 punti, torniamo negli spogliatoi e sono 59. Alla squadra ho provato a dire che avevamo ancora un'opportunità, perché da 4 mesi si può parlare solo di opportunità".

Sfibrata, scollata e persa, la Juve a Empoli si è sciolta ad ogni colpo preso e tra i fischi ha abbandonato il campo. E mentre la curva chiamava tutti a gran voce solo in pochi hanno avuto la forza di restare e salutare - Szczesny, Gatti, Milik, Bremer, Kostic, Chiesa e Rugani - perché la realtà è quella di una squadra che ora ha davvero finito le energie mentali. Nei fischi, nelle delusioni e nei volti scuri si vede tutto e il campo, oggi, è lo specchio più limpido di ciò che è stato quest'annata sportivamente tremenda.