PRIMI PASSI - Arrivato come l'alfiere di Allegri, Emre ha impiegato un po' prima di entrare nelle rotazioni bianconere. Il tecnico livornese preferiva l'acume di Khedira e l'ampiezza di gioco di Matuidi. L'ha provato perno centrale, in assenza di Pjanic: ma Can non ha mai sentito suo quello spicchio di campo. Serviva una svolta e invece arriva lo spavento: un nodulo tiroideo, di conseguenza l'operazione. "La Juve è stata una famiglia", diceva a fine 2018, appuntandosi i buoni propositi dell'anno che sarebbe arrivato. 2019: è l'uomo in più di Max. E brilla da terzo centrale nella gara più bella: quella contro l'Atletico Madrid, la remuntada dei 3 gol ripresi e controfirmati da Cristiano Ronaldo. Sembra l'inizio di una storia bellissima.
LA CADUTA - L'Ajax rovina tutto. Soprattutto il rapporto e il futuro di Allegri e la Juventus. Si chiude il sipario di Max, si apre quello di Maurizio Sarri. Emre sembra essere un perno: Matuidi è sulla lista dei partenti, Khedira è già un passo fuori. E invece è il 30 agosto e il suo agente viene convocato alla Continassa: c'è proprio Can sul mercato, il Psg fa sul serio ma il giocatore non vuole saperne. Giorni dopo, Sarri gli comunica che sarà lui ad essere estromesso dalla lista Champions. Colpo durissimo, mai digerito (e lo esternerà sempre nei ritiri in nazionale). La decisione di andar via è quasi naturale: l'ex Liverpool, in 4 mesi parte solo 2 volte dal primo minuto, per un totale di 8 presenze. Poche, pochissime se c'è pure il treno per gli Europei da prendere al volo. Doveva rappresentare l'alternativa forte e giovane del centrocampo, invece s'è rivelato quasi un peso. La colpa? Solo il tempo dirà chi ha sbagliato e se c'è una colpa da dare, prendere, distribuire. Intanto, Emre va via. Alla voce plusvalenze resta una vittoria.