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Un gol può salvare, può aiutare, può tracciare sicuramente una strada. Un gol in una partita combattuta e sofferta, come coronamento dell'impegno, fa pure tanto in termini di morale. Un gol, nel momento forse più difficile della tua carriera, può essere la svolta. Ma siamo davvero sicuri che stavolta Paulo Dybala sia allo svincolo della stagione? Siamo concretamente convinti che ci sia ancora spazio per l'argentino nell'undici di Pirlo? Del resto, siamo costantemente davanti a dubbi e incertezze. Persino in una gara in cui l'argentino ha fatto quasi esclusivamente cose buone, in cui ha giocato con dolcezza il pallone, in cui ha alzato il livello di pericolosità della squadra sebbene non il proprio. In cui ha segnato e per questo - solo per questo - ci sembra un cambio di rotta. 

LE ZOLLE - Ecco: le zolle di campo sono un problema. Le mattonelle, sì. I tasti del terreno che tocca, che non hanno la solita armonia ma sono una sinfonia stonata, con dei pezzi raffazzonati e quasi messi a caso. Dybala sembra sempre adoperare per un progetto di giocata: ma il colpo è sterile, fumoso, s'incarta nella sua stessa intenzione e non conclude. A lui non si chiede fumo: si pretendono colpi decisivi. Come ha dimostrato di poter sfornare in una stagione pur difficile come la scorsa, in cui nulla girava se non il suo sinistro. Il gol sull'imbucata di Danilo resta l'unico lavoro portato a termine in una check list infinita. Al primo posto c'era 'ritrovarsi' e nessuno ha osato spuntare la casella. 

PIRLO CI CREDE - Non l'ha fatto Pirlo, che certamente gli chiederà di più. Non lo farà Paulo, che da lui stesso dovrà naturalmente pretendere il massimo e in ogni situazione. Intanto, Dybala si prende tutte le buone notizie piovute dal gelo di Torino: i novanta minuti, e non è sempre successo; il supporto fisico e mentale dei compagni, e neanche questo s'era poi visto così tanto; il nuovo abbraccio di Pirlo, che nota l'impegno e loda il rendimento. Per ora, forse, va persino bene così. Perché recuperare e recuperarsi è un percorso e non è un istante. Perché la Juve è proprio come il suo dieci: smarrita, nonostante i colpi; in perenne recupero, fisico e mentale, eppur consapevole della propria forza. Devastante, ma ancora nascosta.