RIFORMA - Questi soldi, in media, costituiscono la metà del fatturato dei club e non è certo un aspetto da sottovalutare. Come scrive Libero, la riforma si inserisce sulla scia di quanto già fatto dal Ministro dello Sport del governo Renzi-Gentiloni, Luca Lotti, variandone le percentuali e modalità. Fino ad oggi i diritti tv erano suddivisi così: 50% dato in parti uguali ai club di serie A; 30% diviso a seconda dei risultati sportivi; e l'ultimo 20% assegnato secondo il “radicamento sociale” delle singole società, con il 12% riferito alle vendite dei biglietti al botteghino e 8% agli ascolti tv. Ma questa voce crescerà del 2%, penalizzando i risultati sportivi: il radicamento sociale sarà così composto dal pubblico allo stadio, da audience televisiva certificata e minuti giocati nel campionato di serie A da giocatori Under 23 «formati nei settori giovanili italiani e che siano tesserati da almeno trentasei mesi ininterrotti per la società presso la quale prestano l’attività sportiva, comprendendo nel computo eventuali periodi di cessione a titolo temporaneo a favore di altre società partecipanti ai campionati di serie A o di serie B o delle seconde squadre partecipanti al campionato di serie C». Una riforma che prenderà piede dalla stagione 2021/22, andando ad intaccare il 5% del totale: cioè 17 di milioni di euro circa, basando le stime sull'ultima asta relativa ai diritti tv della serie A 2018-21, ma destinata a crescere in futuro.
Diritti tv: più soldi a chi fa giocare i giovani. Così cambia la Serie A
La riforma che cambia la Serie A. Si va oltre ai sogni e oltre i buoni propositi, con una mossa fatta per incentivare le società e far crescere il calcio giovanile italiano. Puntare forte sui giovani, con un incentivo... in denaro. E' questa la mossa che arriva direttamente dal governo, contenuta nella Legge di Bilancio approvata prima di capodanno, che sostanzialmente modifica la Legge Melandri, che dal 2008 regolamenta i diritti tv e la loro suddivisione tra le squadre di serie A. Così cambia la ripartizione, introducendo un nuovo concetto fondamentale: il minutaggio dato ai giovani tra 15 e 23 anni.
RIFORMA - Questi soldi, in media, costituiscono la metà del fatturato dei club e non è certo un aspetto da sottovalutare. Come scrive Libero, la riforma si inserisce sulla scia di quanto già fatto dal Ministro dello Sport del governo Renzi-Gentiloni, Luca Lotti, variandone le percentuali e modalità. Fino ad oggi i diritti tv erano suddivisi così: 50% dato in parti uguali ai club di serie A; 30% diviso a seconda dei risultati sportivi; e l'ultimo 20% assegnato secondo il “radicamento sociale” delle singole società, con il 12% riferito alle vendite dei biglietti al botteghino e 8% agli ascolti tv. Ma questa voce crescerà del 2%, penalizzando i risultati sportivi: il radicamento sociale sarà così composto dal pubblico allo stadio, da audience televisiva certificata e minuti giocati nel campionato di serie A da giocatori Under 23 «formati nei settori giovanili italiani e che siano tesserati da almeno trentasei mesi ininterrotti per la società presso la quale prestano l’attività sportiva, comprendendo nel computo eventuali periodi di cessione a titolo temporaneo a favore di altre società partecipanti ai campionati di serie A o di serie B o delle seconde squadre partecipanti al campionato di serie C». Una riforma che prenderà piede dalla stagione 2021/22, andando ad intaccare il 5% del totale: cioè 17 di milioni di euro circa, basando le stime sull'ultima asta relativa ai diritti tv della serie A 2018-21, ma destinata a crescere in futuro.
RIFORMA - Questi soldi, in media, costituiscono la metà del fatturato dei club e non è certo un aspetto da sottovalutare. Come scrive Libero, la riforma si inserisce sulla scia di quanto già fatto dal Ministro dello Sport del governo Renzi-Gentiloni, Luca Lotti, variandone le percentuali e modalità. Fino ad oggi i diritti tv erano suddivisi così: 50% dato in parti uguali ai club di serie A; 30% diviso a seconda dei risultati sportivi; e l'ultimo 20% assegnato secondo il “radicamento sociale” delle singole società, con il 12% riferito alle vendite dei biglietti al botteghino e 8% agli ascolti tv. Ma questa voce crescerà del 2%, penalizzando i risultati sportivi: il radicamento sociale sarà così composto dal pubblico allo stadio, da audience televisiva certificata e minuti giocati nel campionato di serie A da giocatori Under 23 «formati nei settori giovanili italiani e che siano tesserati da almeno trentasei mesi ininterrotti per la società presso la quale prestano l’attività sportiva, comprendendo nel computo eventuali periodi di cessione a titolo temporaneo a favore di altre società partecipanti ai campionati di serie A o di serie B o delle seconde squadre partecipanti al campionato di serie C». Una riforma che prenderà piede dalla stagione 2021/22, andando ad intaccare il 5% del totale: cioè 17 di milioni di euro circa, basando le stime sull'ultima asta relativa ai diritti tv della serie A 2018-21, ma destinata a crescere in futuro.