LE ACQUE DI MOISE - Eppure, con un nome così, Moise Kean avrebbe dovuto aprire le acque della nuova tradizione Juve, portarla dalla vecchia alla nuova generazione, essere il fiore all'occhiello del settore giovanile. Anche dopo Juve-Salernitana è stato palesato come il suo ritorno possa essere definito soltanto come un grosso equivoco: non c'è stato nessun percorso, nessuna crescita, anzi la confusione in cui pescava occasioni nella scorsa stagione ha lasciato il passo a un atteggiamento passivo, probabilmente figlio di una sana frustrazione. Ci sta, a vederlo così. Ci sta, se consideriamo che è un ragazzo. Ci sta assolutamente se analizziamo tutta un'estate a cercare di capire e capirsi il futuro, salvo poi restare intrappolato in un contratto che vale una gabbia d'oro (che resta pur sempre una gabbia).
CON LA SALERNITANA - L'equivoco 'mentale' ovviamente s'accompagna a quello tattico: Kean gioca indipendentemente a destra, sinistra, centrale. Non ha un ruolo ben definito all'interno della rosa, per Allegri può essere una soluzione mentre proprio la sua duttilità è un freno a mano sulle ambizioni. Il crollo con la Salernitana, oltre che fisico, è stato soprattutto emotivo: ha giocato tre palloni spalle alla porta favorendo tutti gli interventi di Fazio. Da lì, come la Juve, non ha più saputo reagire. E allora, di cosa si parla? Di un ragazzo ancora fragile, che non ha mai preso quest'opportunità a morsi, che non farà mai sua la Juventus. Peccato: sarebbe stata una grande storia, si è chiusa ben prima della naturale fine.