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De Ligt ha sempre avuto in mente un solo obiettivo: crescere. Più di vincere. Più di far bene. Più di tagliare qualsiasi altro traguardo di squadra, il suo focus era semplicemente porre le basi per una carriera stratosferica, tale da non avere rimpianti. 

Da qui arriva la fretta di partire, l'occasione Bayern Monaco da non smarrire. L'olandese era ossessionato da un upgrade sostanziale in questo momento della sua carriera: l'aveva già spoilerato Raiola un anno fa, l'ha messo in pratica lo stesso Matthijs un anno dopo. 

L'approdo in Germania è la chiusura di un cerchio: De Ligt si mette alle spalle gli anni della formazione, da giovane fenomeno dell'Ajax ad apprendista centrale in Italia, dove ha comunque scritto pagine importanti e vinto un campionato sotto la guida di Maurizio Sarri. Non è stato fortunato nel tipo di percorso - in bianconero ha avuto tre allenatori diversi, tre modi di intendere la difesa praticamente differenti - ma ha saputo destreggiarsi, imparare, capire. Soprattutto, adattarsi. 

Eccola, l'arma più potente a sua disposizione: a 23 anni, ha messo nel bagagliaio tanti tipi di approccio alla partita, ha aumentato l'attenzione ai dettagli e sviluppato il suo talento. Di così forti e così giovani, in giro, non ce ne sono. Resta incomprensibile la gioia di chi ha esultato per l'addio. 

Matthijs continuerà a crescere altrove, in un campionato non superiore ma in una squadra che punta stabilmente a vincere la Champions League. Lo considera certamente un miglioramento, dunque ha esaudito il suo desiderio di progredire, di procedere, di sentire che il tempo che scorre sta ben scorrendo. La Juve non era più il suo posto, è stata però casa sua. In un piano ben congeniato, che lo porterà presto tra i top del mondo.