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Danilo ospite del podcast di Perin: ha parlato anche di Juventus
L'intervista
REAL MADRID E PAURA - “Il mio percorso apparentemente è stato crescente e lineare, pensavo di poter avere la carriera perfetta, soprattutto dopo il trasferimento al Real Madrid, però dopo il primo anno di ambientamento, il secondo è stato difficile. Non mi riconoscevo come calciatore e come persona, non riuscivo ad esprimermi né in allenamento né nelle partite. Non riuscivo ad esprimere il mio talento, le mie caratteristiche, ogni tanto facevo delle scelte, dei passaggi e poi pensavo che non era quello che volevo fare, non ero cosciente di quello che realmente volevo fare. Non giocavo bene, mi massacravo pensando ‘ho tutto, miglior squadra del mondo, soldi, fisicamente sto bene.’ Ero nervoso, impaurito dal poter sbagliare. A fine primo anno volevo andare via a tutti i costi, per paura. Volevo fuggire da un problema ma probabilmente dovunque fossi andato non sarebbe cambiato nulla e fortunatamente il Presidente non mi ha lasciato andare, ho avuto la forza di iniziare un percorso con uno psicologo dello sport e quando sono andato via alla fine del secondo anno ero sereno, tranquillo che lo stavo facendo per migliorare le mie capacità e non per fuggire.”
I FISCHI - :”I momenti di difficoltà ci insegnano sempre qualcosa anche se in quel momento lì non te ne rendi conto. Agli Ottavi di Champions contro il Wolfsburg per esempio avevamo perso 0-2 e mi fischiavano tutti, ce l’avevano con me e anche nel weekend quando sono entrato al 70esimo tutto il Bernabeu mi fischiava, avevo paura, non sapevo cosa fare o lasciare andare e accettare la sconfitta o non mollare. Ho giocato quei venti minuti come se fosse la finale di Champions, a fine partita le persone mi applaudivano. Ad oggi, con la Juventus, con la Nazionale Brasiliane capita di essere fischiati, soprattutto in squadre dove la pressione è massima, oggi riesco a girarmi e dire ‘faremo meglio’. Quel momento di difficoltà mi ha insegnato ad avere questa forza, questa consapevolezza. Mi ha anche aiutato a capire che un piccolo momento non definisce l’intera situazione”.
DIFFICOLTA' - “ La mia carriera, alla fine, non è stata lineare. Ci sono stati tanti cambiamenti ed io li ho accettati, anche con paura mi davano motivazione. Ad oggi, a quasi 33 anni dopo 13 anni alla Nazionale Brasiliana, da capitano e anche alla Juventus, guardo indietro e penso menomale che ho avuto tutte quelle difficoltà, non sarei arrivato così, con questa consapevolezza sull’importanza di questo lavoro. La vita è fatta di incertezza, il cambiamento è importante nell’evoluzione di una persona. Sono grato di quei momenti difficili".
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