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Sembrava cosa scontata, veniva ripetuto come fosse una litania. Quando veniva chiesto ai protagonisti quale fosse il segreto della Juventus del ciclo vincente, senza esitazione si rispondeva: “La forza del gruppo”. La somma degli elementi più importante dei singoli, l’amalgama, la corsa in più per il compagno, il sostegno e l’esaltazione. Ecco, lo si dava per scontato ma scontato non era e la serata di ieri lo dimostra.
 
Un’immagine restituisce tutto questo. La squadra al completo sotto la curva, a prendersi i fischi. A fissare gli spalti Bonucci, in lacrime. Si può rimproverare tanto al difensore centrale, dal punto di vista della comunicazione e da quello del campo. Bisogna, però, essere onesti: ci troviamo di fronte un uomo che mette il cuore davanti al cervello e la dimostrazione plastica di questo, oltre le lacrime di ieri, è stato il passaggio al Milan e anche l’esultanza allo Stadium che ancora in tanti, anche legittimamente, non gli perdonano. Squadra al completo, dicevamo? Quasi. Stonano, infatti, le immagini di Paredes e Di Maria che si allontano dal terreno di gioco, per rintanarsi nella pancia dell’impianto bianconero. A questo si aggiunge la discussione con Milik sulle scelte di Allegri. Sintomi su cui non si può far finta di nulla.
 
Si torna, un anno dopo, allo scambio a bordocampo tra Allegri e Chiellini: “Non è squadra”. Una stagione in mezzo, nessun passo avanti, la Juventus continua a non essere una squadra e questo si riflette perfettamente in campo. Si riflette nei crolli mentali, si riflette nella ricerca della giocata individuale piuttosto che nello sviluppo del gioco corale. E questa era l’ultima chiamata. Sì, perché se nemmeno dopo il torto arbitrale subito contro la Salernitana il gruppo è capace di ricompattarsi e tirare fuori quel qualcosa in più, allora la situazione è seriamente preoccupante.