Non è una novità, anzi è una pratica che il club bianconero usa ormai da anni: pagamenti dilazionati, prestiti (magari biennali) con obbligo di riscatto, contropartite tecniche alle quali vengono attribuite valutazioni particolarmente elevate, scambi non alla pari versando conguagli pur di registrare plusvalenze vitali. Nella particolare fase dell’economia mondiale che stiamo vivendo, calcio incluso, la Juve ha accentuato la predisposizione a concludere operazioni di mercato di questo tipo. Così sta portando a termine gli acquisti di Rovella dal Genoa e di Scamacca dal Sassuolo (quest’ultima non è ancora definita). Si tratta di giovani interessanti, i quali appartengono - non a caso - a società amiche dei bianconeri, protagoniste spesso di affari del genere negli ultimi lustri.
Dove cominci l’interesse tecnico e finisca quello economico è difficile capirlo. E forse non è nemmeno così importante. Si prendono ragazzi che possono trasformarsi in campioni (non succede quasi mai, in verità), ma che diventeranno merce di scambio nel caso in cui rimangano giocatori normali, non da Juve insomma. Se ne contano tantissimi del genere negli ultimi anni, da Sturaro a Mandragora, da Lirola a Rogerio, da Muratore a Luca Pellegrini fino a qualche altra decina di semisconosciuti. Un panorama che si è allargato anche all’estero, al Barcellona e al Manchester City ad esempio.
Non è un’abitudine solo juventina, sia chiaro, ma la finanza creativa sul mercato presenta comunque - a lungo andare - rischi non indifferenti. A maggior ragione in un calcio povero come questo.
@steagresti