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Fischi, sfottò, pernacchie. E poi una risposta, un sorriso: quello di Juan Cuadrado. Ha lavorato tantissimo per tornare a Torino, per giocare questo Juve-Inter, il primo con la maglia nerazzurra. Sapendo benissimo a cosa stesse andando incontro.

Ecco, anche solo per questo, per quel pizzico di coraggio, a Juan Cuadrado andavano tributati i canti della nostalgia: nessun altro ha saputo superare l'uomo come faceva lui, lo stesso sostituto designato - Timothy Weah - è finito tra le grinfie di un infortunio fastidioso, facendo crollare pure il logico ragionamento sul chilometraggio del colombiano e sulla freschezza dell'americano. 

Dettagli del calcio, alla fine. Il punto resta totalmente un altro: perché riempire di fischi un giocatore che ha collezionato 314 presenze con la maglia della Juventus, è stato tra i più forti di sempre nel suo ruolo con il bianconero addosso e - più di ogni diverso aspetto - è stato decisivo nelle gare che più hanno condizionato l'epopea della Juve? Il tempi guarirà le ferite, oggi l'amore è forse ancora troppo fresco. Ma l'odio scatenato per una scelta (legittima) sembra il frutto di discorsi da bar, un passo indietro per una tifoseria spesso lamentosa riguardo all'immobilismo del calcio italiano. 

Sì, stasera il Gobbo va controcorrente: perché fischiare Cuadrado? Perché dimenticare quello che ci ha dato il Panita? Sorrisi, azioni, cross. Gol. Tanti gol. Specialmente con l'Inter. I ricordi vanno cullati, mica macchiati.