Redazione Calciomercato

Tudor e la Juventus vanno nella giusta direzione. Ma si poteva vincere, perché non ammetterlo?
Tutti, alla fine della gara dell'Olimpico, hanno respirato l'atmosfera che di solito fa seguito a un pareggio bello e combattuto: da una parte c'è la sensazione di aver perso un'opportunità, dall'altra la consapevolezza di aver dato tanto in una partita in cui si è stati sulle onde e in apnea, surfando e affondando. Per la verità, la Juve è stata a galla parecchio tempo, trovando quel gol di Locatelli nell'attimo in cui la Roma ha tirato fuori il naso per capire la situazione. Non è stata in grado di sfruttare il vantaggio, anzi l'ha forse patito: voler gestire non vuol dire essere (ancora) in grado di farlo. Vecchio retaggio del thiaghismo.
Ma quant'è realmente diversa questa squadra da quella di un paio di settimane fa? Staremmo qui a illuderci, giocando a "trova le differenze". Staremmo pure ore, perché non sarebbe affatto facile trovarne. Ci sono sicuramente indicazioni positive, come la tenuta difensiva, la prestazione di una difesa sulla carta non estremamente solida e però decisamente applicata. C'è la gara a metà di Nico, tra l'impegno e gli errori (e Svilar), ma comunque parso vivo. C'è il grande tema Vlahovic: non riesce, a prescindere dalle occasioni. Ricorda qualcosa? Sì, ne abbiamo parlato tante volte.
Anche Roma-Juve dimostra come dell'era Thiago Motta non sia realmente tutto da buttare. Ci sono state storie tese e storie larghe, storie belle e alcune da dimenticare. Ma come in ogni rapporto, specialmente in quelli più intensi, il tempo e il lavoro cancellano le fatiche, più che le ferite. Nel senso: ci si dimentica facilmente del lavoro fatto, pur specifico e pur evidente. Si riprende solo il buono che n'è derivato. E da lì si prova a ripartire.
Tudor? Lo sa. Lo sta applicando. E sta provando a disegnare una sua versione di Juve nella sua unica opportunità di farlo. "Lavoro qui come se ci restassi 10 anni", aveva detto. E' stato sincero.
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