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 Con umiltà – parola ripetuta più volte in questi giorni -, ma con forza, a gomitate, la Juventus Women ha conquistato, costruito e difeso il proprio spazio nell’Europa che conta. Una mano è arrivata anche dal regolamento, che ha permesso alle bianconere di iniziare in discesa, con la fase preliminare: prima Kamenica Sasa e St Polten; poi il Vllaznia, tutte cadute sotto i colpi delle bianconere. Terminati i test d’ingresso, l’entrata all’Università del calcio femminile – come definita dal direttore Stefano Braghin -, dalla porta principale.
 
IL GIRONE DI FERRO - Girone di ferro, era stato definito al momento del sorteggio. Servette, Chelsea e Wolfsburg; lì in mezzo si trova la storia e il presente del movimento femminile europeo. La consapevolezza, paradossalmente, è arrivata con la prima sconfitta, alla seconda giornata, contro il Chelsea. Sì, la Juventus dall’Allianz Stadium è uscita con zero punti – in virtù del 2 a 1 in favore delle Blues -, ma con la certezza che il gap non fosse così accentuato. Una partita combattuta, certo sofferta, ma decisa da episodi; alla vigilia sembrava impensabile perfino pensare di restare dentro il match. Anzi, questo tipo di dubbi ce li avevano gli addetti ai lavori – compreso chi scrive, mea culpa -, ma le bianconere ci hanno sempre creduto, e lo hanno ripetuto in ogni occasione possibile. La svolta nella doppia sfida contro il Wolfsburg, il pari in casa e, soprattutto, la straordinaria vittoria per 2 a 0 in Germania, e poi con il pareggio strappato al Chelsea. L’ultima partita del girone una formalità, anzi, una festa: 4 a 0 contro il Servette e le celebrazioni nel post partita.
 
L’IMPRESA - Ieri sera, l’ennesimo capolavoro. La vittoria 2 a 1 contro il Lione, squadra che tra il 2015 e il 2020 ha vinto 5 Champions League consecutive. Per tornare alla metafora accademica, una vittoria che vale il 30 e lode. Un risultato che esalta il gruppo, l’unione che si è creata all’interno dello spogliatoio e la comunione d’intenti con mister Montemurro, dal giorno del suo arrivo, e non era scontato. Più di 9mila spettatori, il tifo che si è fatto sentire e ha trascinato, ha aiutato a cambiare il volto al match: una serata magica, storica, di quelle che lasciano l’impressione che tutto sia possibile. La finale di Champions League è a Torino, un sogno, ma la Juventus Women ha insegnato che, a volte, i sogni non svaniscono quando si aprono gli occhi.