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Ma sto’ Vlahovic?”. Non ditemi che questa domanda non l’avete sentita pronunciare da qualche amico juventino (io si), oppure non l’avete letta da qualche parte, sui social  o in giro per il web, subito dopo la sconfitta interna con l’Inter. Dopo, soprattutto, aver visto in quella sciagurata serata restare ancora a secco il serbo, il cui ruolino di marcia annota una sola rete nelle ultime 6 partite. Uno score al di sotto delle aspettative per uno acclamato a furor di popolo al suo arrivo a gennaio, tanto da venire subito accostato a Ronaldo e vedersi appioppato addosso l’acronimo DV7.

Piano coi paragoni, però piano anche coi giudizi negativi. Certo, da Vlahovic ci si aspettava di sicuro qualcosa in più, ma nemmeno lo si può bocciare dopo 12 partite in bianconero. Perché, con tutto  rispetto, un conto è giocare nella Fiorentina, un altro alla Juventus. Non fosse altro per quanto pesa il cambio del guardaroba.   

Eppoi rendiamoci conto in quale Juventus è approdato, mica quella dei Del Piero o Trezeguet, e nemmeno – per restare all’attualità più recente – quell’altra con centrocampisti del calibro di Khedira, Pirlo, Pjanic. Questa è una Juventus che fa fatica a produrre gioco perché non possiede in rosa giocatori in grado di costruirlo. E senza un aiuto da parte della squadra è normale che anche un eccellente attaccante come Vlahovic trovi difficoltà a segnare.

Questo non significa che pure lui debba imparare a giocare in modo diverso, studiando come aggirare le marcature asfissianti, tipo Bremer o Skriniar, quelle dimostratesi e in grado di metterlo in grande difficoltà e che troverà sempre più spesso. Altrimenti diventa troppo facile annullarlo per le difese avversarie.

Dusan è comunque un tipo che si applica, avendo già dimostrato di sapere capitalizzare al meglio anche quel poco che durante una partita gli concedono i centrali difensivi avversari: contro l’Inter, nell’unica concessione fattagli da Skriniar in 90 minuti, per poco non ha fatto gol, centrando il palo esterno della porta di Handanovic.

Troppo poco, certo, per un attaccante pagato – tra parte fissa e bonus – 80 milioni, ma quando il rifornimento di palloni giocabili è limitato, per non dire quasi nullo, e il gioco in verticale latita, i 6 centri realizzati finora dal serbo sono grasso che cola.

La verifica vera e completa su Vlahovic la si potrà fare soltanto la prossima stagione, quando tornerà ad avere come partner d’attacco Chiesa, col quale ebbe già un ottimo feeling alla Fiorentina, e la rosa bianconera verrà ridisegnata proprio con lo scopo  di mettere gli attaccanti nelle condizioni di segnare di più.

Bocciare già ora, dopo neanche tre mesi,  l’acquisto del serbo significherebbe accusare la dirigenza bianconera di aver preso un clamoroso abbaglio, sopravalutando un giocatore che, oggettivamente, ha mostrato nelle ultime stagioni una crescita tecnica esponenziale ma che, forse, non era ancora pronto per il salto di livello. La scelta sarebbe stata fatta, insomma, più sull’onda delle suggestioni piuttosto che dopo una corretta valutazione del calciatore. Rappresenterebbe un errore clamoroso, dopo quelli già commessi in serie nelle ultime sessioni di mercato e che difficilmente la proprietà perdonerebbe. Al momento, ci sembra un giudizio troppo severo.  

Ai posteri l’ardua sentenza.