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Ce lo aspettavamo, certo, ma adesso che è capitato per davvero è stata lo stesso una mazzata tremenda. E non importa se eri un suo parente stretto, un amico, un semplice conoscente o un emerito signor nessuno che si limitava a vederlo  in tv. Gianluca Vialli adesso non c’è più ed è come se mancasse improvvisamente qualcuno a ciascuno di noi, che viviamo e ci nutriamo di calcio. Indipendentemente dalla squadra per la quale tifiamo. Perché Gianluca rappresentava, e continuerà ad esserlo anche adesso, una parte di quel mondo, essendone stato protagonista fino alla fine. Grande bomber, bravo allenatore, un uomo di sport nel senso più pieno della parola.
 
Non mi piacciono i coccodrilli,  gli epitaffi grondanti pensieri scontati e forzati, e infatti non scrivo volentieri questo articolo. Lo faccio solo perché Gianluca merita di essere ricordato come una persona mai banale , diretta, schietta, intelligente. Che ci mancherà proprio perché non si limitava a ripetere i soliti luoghi comuni alla fine di una partita o durante un’intervista. Gianluca era capace di darti di più, dentro e fuori dal campo. Emozioni e pensieri. Uno diverso dal solito stereotipo del giocatore. Sapeva esprimersi e trasmettere ogni volta qualcosa.
 
Eppoi ne scrivo perché alla Juventus non è stato uno di passaggio, com’è capitato a Ronaldo, ma un vero Capitano. Quello con il quale eri pronto a combattere ogni battaglia. Un autentico trascinatore. Non scorderò mai la sua frase: “Io alzerò la Coppa Campioni con la Juve”. E lo fece. Forza della sua caparbietà, capace  di trasmetterla all’intera squadra. Quella del primo Lippi, che si esprimeva da Dio ed aveva proprio in Gianluca il suo adrenalinico alfiere.
 
A dire il vero lui era arrivato dalla Samp due anni prima, fu uno degli ultimi grandi colpi di Boniperti richiamato per disperazione alla Juve dall’Avvocato, che stravedeva per Vialli. Lo volle a tutti i costi  e Boniperti glielo andò a prendere. Gianluca fece fatica ad ambientarsi, complici gli schemi trapattoniani  un po’ troppo difensivi per i suoi gusti (“non mi diverto e non solo felice” , confessò con la sua proverbiale schiettezza), ma quando arrivò Lippi cambiò tutto e tornò ad esprimersi come sapeva. Grazie ai suoi gol, la Juve tornò a rivincere tutto. Missione compiuta, decise di andarsene. Tra le lacrime di molti juventini, comprese le mie.
 
Tra l’altro, confessione a margine, il sottoscritto decise di radersi a zero proprio nell’estate del 92, quando lo vidi fare proprio a Vialli. “Se c’è riuscito lui, posso anch’io” e lo emulai.  Per un uomo giovane (all’epoca avevo 30 anni) non è così semplice privarsi della propria chioma, ma Gianluca riuscì a mettermi in mano il rasoio.  Non me ne sono mai pentito.  Un piccolo, futile e sciocco dettaglio, ma che dà l’idea di quello che riusciva a trasmettere quell’uomo. Così iconico, così leader nel senso bello e pieno del termine. Sono i giocatori così quelli capaci di cambiare una squadra e farla vincere. Gianluca n’è stata la prova vivente.
 
Hanno provato a sporcarne l’immagine coi dubbi di Zeman e il processo doping, e vedrete che qualche imbecille sui social lo rifarà pure ora, ma la cattiveria e l’invidia di pochi omuncoli  non riuscirà a lederne l’immagine. Perché da oggi Gianluca Vialli è diventato un mito. 
 
Mentre sto scrivendo, sui canali social della Juventus stanno andando a random le immagini dei suoi gol, delle sue esultanze, dei sui incitamenti alla squadra, ed ho il groppo in gola.
 
Arrivederci lassù, indimenticabile Capitan Gianluca.