E ha pure aggiunto: “Bisogna abituarsi alla cultura della sconfitta”. Come se la figuraccia delle azzurre in Nuova Zelanda fosse stata un semplice incidente di percorso, e non la prevedibile figlia di quell’altra figuraccia fatta non più tardi di un’estate fa all’Europeo. Uguale uguale. Pessime figure alle quali vanno aggiunte la recente delusione all’Europeo Under 21 maschile (costata pure la partecipazione alle prossime Olimpiadi per la quarta volta di fila) insieme all’ancora aperta ferita della doppia eliminazione dai Mondiali della Nazionale maggiore.
Ricordi fastidiosi per un presidente che pretende di essere ricordato per l’Europeo vinto dagli azzurri due anni fa, così come per quello vinto qualche mese fa dall'Under 19, della quale sfido chiunque ad averne seguito le gesta fino all’altroieri. Così come sono ancora pochi gli italiani che seguono le partite della Nazionale femminile, e questo anche grazie ad una Federazione che spinge solo a parole il movimento calcistico delle donne, abbandonandole spesso a se stesse com’è capitato proprio in Oceania, dove la FIGC ha brillato per l’assenza dei propri dirigenti, quella del presidente in testa. Ma anche in questo caso Gravina ha tirato fuori la scusa dei troppi Consigli Federali “fissati dalle norme” e calendarizzati – genialata assoluta - proprio durante la competizione mondiale delle ragazze.
La colpa principale e imperdonabile della federazione è stata però quella di lasciare per otto anni la Nazionale femminile nelle mani di una CT che, alla pari del presidente federale, non ama le critiche e – soprattutto – fatica ad ammettere i propri errori. Com’era accaduto dopo la disfatta agli Europei e com’è ricapitato in fotocopia dopo la roboante eliminazione dal mondiale ad opera del modesto Sudafrica (54° nel ranking FIFA). L’errore madornale della FIGC (di Gravina) è stato quello di non rimuoverla dopo il catastrofico flop in Inghilterra, accontentandosi del risultato minimo: la qualificazione delle ragazze alla competizione continentale e a quella mondiale, facendole ogni volta passare come risultati storici.
In un percorso sportivo della durata di otto anni è ragionevole attendersi da una Nazionale dei progressi, che invece non ci sono stati. Peggio, anziché migliorare si è sempre andati peggio. E questo nonostante le giocatrici avute a disposizione dalla Bertolini siano state le migliori presenti su piazza, sia la scorsa estate in Inghilterra che adesso in Nuova Zelanda. Calciatrici che hanno vinto titoli nazionali e inanellato positive prestazioni pure in Champions League, spesso contro avversarie di assoluto livello. Sicuramente in grado di giocarsela, se – come loro stesso hanno evidenziato nella loro lettera aperta – fossero state messe nelle condizioni di provarci. Cosa che ai mondiali non è successo.
Per colpa di chi? Secondo Gravina di tutti, ma non è così. Perché un colpevole c’è sempre e, nel caso specifico, ha un nome e un cognome: Milena Bertolini.
Perché delle brave calciatrici non possono improvvisamente diventare delle schiappe ogni volta che indossano la maglia azzurra. Significa che ciò che non funziona va cercato proprio lì, non altrove. Nel gioco costantemente inespresso da anni e in scelte sbagliate, tipo quella di decidere di sperimentare le nuove leve proprio al mondiale, rinunciando volontariamente a qualche senatrice ancora affidabile. Senza un cane che avesse da obiettare una scelta così folle, proprio durante la competizione più importante.
Purtroppo le donne non muovono l’opinione pubblica, interessano a pochi, anche dentro la Federazione, e quindi Gravina – sapendo di non rischiare la poltrona – può decidere di non seguirle nemmeno in Oceania, di commentare un’inaspettata e bruciante eliminazione dal mondiale a due giorni di distanza dal fattaccio e promettere che troverà sine die una soluzione. Tanto a prendersela con lui saranno sempre e soltanto i soliti facinorosi.