La CAF ha pubblicato le motivazioni di questa decisione e c’è materia su cui discutere. Perché non si può ribadire che Agnelli ha violato i princìpi di lealtà sportiva e poi scrivere che questo si è verificato per far fronte ad una “situazione di crisi sistemica”. Quindi, che la dirigenza bianconera è ricorsa a questi stratagemmi contabili per cause di forza maggiore.
Stratagemmi che sarebbero stati gravi se fossero stati usati per far fronte ad esigenze di bilancio corrente, mentre invece sono stati adottati durante un periodo di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia planetaria da Covid-19. I giudici federali la considerano un’attenuante, mentre è a tutti gli effetti una ragione sostanziale. Il vero e concreto motivo per il quale alla Juve fece ricorso a questi espedienti, finiti poi sotto la lente prima della Consob, poi della giustizia ordinaria, per sfociare infine in quell’inchiesta Prisma (che la Procura di Torino non avrebbe mai dovuto giudicare per incompetenza territoriale) su cui la FIGC ha poi determinato le proprie sentenze.
Un conto infatti è raggirare i regolamenti per ottenere un palese vantaggio contabile sull’immediato, un altro farlo perché costretti da una situazione emergenziale, tra l’altro ben nota – e confermata nelle stesse motivazioni della sentenza – ai giudici federali.
Non solo: la Corte scrive pure che le violazioni hanno avuto una durata limitata nel tempo, non incidendo nemmeno sul rispetto degli impegni finanziari presi dalla società. Come dire: gli stipendi vennero poi regolarmente pagati a tutti i componenti di rosa e staff.
In sintesi: se non c’era intenzione di dolo, e i patti presi privatamente con giocatori e tecnico regolarmente rispettati, cosa c’entra la slealtà sportiva? Dov’è che Agnelli è stato sleale se non ha lucrato su nulla, ma semplicemente cercato di aggiustare il bilancio juventino in un momento di crisi generale dell’intero sistema calcio causa epidemia di Covid. Soprattutto se pure la Corte giudicante ha convenuto che la Juve ha adottato questa manovra perché costretta. Lo hanno scritto di loro pugno i giudici.
L’impressione è sempre la stessa: pur di non contraddire la decisione presa dalla Corte d’Appello Federale la scorsa primavera, quella cioè di penalizzare ugualmente la Juventus e i suoi ex dirigenti appunto per slealtà, non c’è verso di modificare la sentenza da parte dei giudici federali, pur di fronte ad evidenti cause oggettive. Ci si limita a definirle “attenuanti”, quando al contrario rappresentano l’ennesima prova dell’applicazione distorta e forzata di un regolamento alquanto ambiguo e soggettivo.
La Juve doveva essere punita, e basta. Anche se, lo ammette la stessa CAF, ha fatto quelle manovre di bilancio perché indotta da una crisi globale. Come dire: non dovrei punirti, ma lo faccio lo stesso perché mi va. Un palese controsenso che sa di presa in giro. L’ennesima.
Chissà se il presidente Ferrero e il direttore Calvo lo hanno fatto presente al presidente federale Gravina nel loro recente passaggio in FIGC , oppure si sono limitati a baciare l’anello e parlare del nulla.