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“Per il bene del sistema, lo accetto”. Con questa frase Andrea Agnelli ha avvallato la ripresa della stagione calcistica, dando in automatico il proprio assenso all'assurdo tour de force della Coppa Italia col quale il calcio nostrano ricomincerà a giocare. Ovvero, due semifinali e una finale, in tre giorni e mezzo (nella proposta iniziale, erano appena due). Di sicuro, non sarà un incipit ideale per chi ha appena ripreso ad allenarsi seriamente dopo 2 mesi abbondanti di stop, causa Covid.
 
Agnelli ha detto sì perché alternative non ce n’erano, è quanto filtra dalla Continassa. Dove nessuno sembra essere contento, ma tutti hanno ingoiato di malavoglia il rospo cucinatogli dagli chef Spadafora e Gravina. Ci si è piegati ad una soluzione estremamente discutibile solo per consentire al calcio di poter ripartire, evitando di scatenare altre polemiche, come avvenne prima dell’ultimo Derby d’Italia giocato allo Stadium, quando proprio Agnelli venne fatto passare per colui che se ne fregava dell’emergenza sanitaria e avrebbe voluto disputarlo col pubblico, invece - pure in quella circostanza – si limitò ad accettare la decisione della Lega Serie A di rinviarlo al 13 maggio.

Pure stavolta Agnelli ha detto sì lasciando ad altri (Inter & Milan) il ruolo dei guastatori. Però, con piena ragione: mettere in palio un trofeo da aggiudicarsi in 90 ore d’orologio è davvero “sconcertante” e “discutibile” come hanno detto Marotta e Scaroni. Non sono capricci, ma legittime contrarietà ad una soluzione imposta dall’alto. La FIGC non vedeva l’ora di ricominciare ed ha accettato la richiesta di un Governo poco smanioso di farlo, ma che quando ha dovuto trovare un compromesso con la quarta industria del Paese ha preteso l’ennesima soluzione populista: calcio in tv per tutti. Non riuscendo a convincere Sky e Dazn a trasmettere in chiaro il campionato, ha virato sulla Coppa Italia made in Rai.

La produciamo noi, vanno in campo quando stabiliamo noi. Chissenefrega se i calciatori si spompano, con quei guadagni da nababbi è giusto così. Chissenefrega se si infortuneranno, facciano giocare le riserve. Ma concedano un po’ di svago al popolo, frustrato in tutti i sensi dal lockdown.

Pur di riprendere a giocare, FIGC e Lega si sono piegate. Lo ha accettato anche Agnelli, seppur con poca convinzione. Solo per evitare di mettersi di traverso e bloccare, ancora una volta, una faticosa ripresa. Si chiama “senso di responsabilità”. 

Nel caso il campionato dovesse fermarsi ancora, causa nuovi contagi, Agnelli non avvalli però pure i playoff, e nemmeno permetta che sia un astruso algoritmo, elaborato non si sa come dagli scienziati federali, ad assegnare lo scudetto. Si chiamerebbe “presa per i fondelli”. Almeno di fronte a questo, Agnelli dica no.