In sostanza, pure i giudici penali hanno riscontrato ciò che spesso si dice su questi cori discriminatori, ovvero che vengono fatti più per attaccare i giocatori avversari e non con un’autentica e profonda matrice razzista. Altrimenti dovrebbero essere fatti sempre, in ogni partita, e contro tutti i calciatori di colore. Mentre il tifoso li indirizza spesso ai componenti dell’altra squadra, mai la propria. E infatti all’Allianz Stadium non è mai capitato di sentir fare il verso della scimmia ad Alex Sandro, Bremer, Danilo, Kean, McKennie e, fin quando ha giocato alla Juve, a Cuadrado. Tutti componenti di colore della rosa bianconera. Come Lukaku, che però giocava all’Inter. L’equazione è quindi stata: rivalità = cori discriminatori.
La Procura ha così deciso di archiviare il procedimento verso quei tifosi juventini (tutti daspati) perché “il comportamento non è certo abituale” e che agirono “influenzandosi l’uno con l’altro”, per giunta “per un tempo limitato”. Una specie di goliardata in compagnia. Deprecabile e di pessimo gusto, ma non punibile ai sensi di legge.
Una decisione che farà molto discutere, soprattutto ricordando quale fu la reazione generale di istituzioni sportive, media e opinionisti dopo quei fatti. Tutti schierati a favore di Lukaku, al quale la Federazione fece financo togliere la squalifica per l’espulsione ricevuta dopo la rissa a fine partita. “Un messaggio chiaro mandato allo sport e al mondo” lo motivò con fierezza il presidente Gravina.
Decisione come sempre presa sull’onda dell’emotività e del sentimento popolare, come spesso avviene dalle parti romane di via Allegri, dove ci si preoccupa più della forma che della sostanza reale degli eventi. E si partì in quarta contro l’intera curva juventina, quando i colpevoli di quella bravata furono solo 171 persone, che fu la stessa Juventus ad individuare e denunciare alle autorità.
Nove mesi dopo la Magistratura ordinaria ha detto che, per lei (e quindi per le leggi vigenti), quell’episodio non è sanzionabile, in quanto fa parte dei tanti comportamenti sopra le righe che si verificano negli stadi, determinati dalla rivalità sportiva. Il razzismo vero è altra cosa.
Di questo se ne potrà dibattere, perché non dovrebbe nemmeno essere consentito di poterci giocare con la discriminazione razziale, resta però il fatto che ancora una volta la giustizia sportiva – nella sua abusata autonomia – prese a suo tempo una posizione discutibile e differente dalla Magistratura ordinaria. Per raccogliere il più ampio consenso popolare possibile (essendoci di mezzo la Juve) e non per fare davvero la cosa giusta. Quella la fecero la Juventus e il questore, vietando l’ingresso allo stadio a quei 170 cretinetti resisi protagonisti di quella esecrabile condotta.