Ancelotti ha ritirato fuori la sua esperienza alla Juve, non riuscendo neppure stavolta a dissimulare un nervosismo di fondo quando affronta l’argomento. “Mi odiavano perché avevo giocato nel Milan, a volte dovevo uscire scortato dalla Polizia” ha detto. “Il Moggigate? Mi sembrava positivo che il calcio italiano venisse ripulito, non c’era una competizione pulita”, ha aggiunto.
Cominciamo dai tifosi: a odiarlo, ed anche in maniera feroce, è sempre stata solo una parte della tifoseria, quella ultrà. L’altra non lo odiava affatto e poco le importava con chi avesse militato da calciatore, semmai – come accade anche oggi con Allegri – in molti non ne condividevano i metodi di gioco, ritenendolo troppo difensivista. Come gli disse Umberto Agnelli quando lo congedò, non veniva ritenuto un tecnico vincente. Due scudetti persi in 2 anni erano lì ad avallare questa tesi. Il primo soprattutto, quello della stagione 99/2000, strappatogli dalla Lazio in rimonta, dopo aver accumulato un vantaggio in classifica di 8 punti.
Nel suo biennio alla Juventus riuscì a centrare un solo titolo, se tale lo si può definire: la Coppa Intertoto. Gli altri li perse tutti. Clamorosa fu l’eliminazione dalla Champions del ‘99 col Manchester United, nella semifinale di ritorno a Torino: in vantaggio per 2-0, la Juve la perse poi per 2-3. Altrettanto bruciante quella ai quarti di Uefa la stagione successiva, col Celta Vigo: 1 – 0 a Torino, 0- 4 in Spagna.
Passiamo a Moggi, che di Ancelotti fu grande estimatore, fin dagli esordi con la Reggiana. Andò a prenderlo quando era al Parma, dopo un 6° posto in campionato, ritenendolo in grado di fare il salto di qualità e poter guidare la Juventus. Dove, dopo 2 anni di magra, fu la proprietà a congedarlo. Moggi, invece, lo consigliò al Milan, convincendo Galliani a fermarlo prima che Carlo firmasse per il Galatasaray.
Nonostante questi precedenti, a distanza di 20 anni Ancelotti ha ripagato Moggi con l’abiura, plaudendo alla sua radiazione dal calcio. Nonostante avesse vissuto in prima persona, nelle stagioni bianconere, le ingiustizie di Perugia e del caso Nakata, entrambe determinanti nella perdita di quei 2 scudetti.
“Allora venivi a lamentarti con me, adesso condanni il sottoscritto”, gli ha legittimamente rinfacciato Moggi, ricordandogli quanto emerse da inchieste e intercettazioni di Calciopoli. Fatti e situazioni di sicuro noti al Carlo, e che proprio per questo avrebbero dovuto indurlo ad un atteggiamento quanto meno più cauto, non foss’altro per un minimo di riconoscenza dovuta nei confronti di chi non gli è mai stato ostile.
Ancelotti è sembrato invece volersi scrollare un peso da dosso, l’infamia di aver lavorato per due anni e mezzo alle dipendenze di chi è stato poi rigettato dal sistema. E insieme a Moggi ha buttato nel bidone pure l’intera tifoseria juventina.
Est modus in rebus.