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Tutta la forza del mondo, tutta la differenza del mondo, oggi valse tutta l'attesa del mondo. Federico Chiesa è Godot che arriva, contro ogni racconto sconfessa la storia e - paradossalmente - consegna ancora più alibi ad Allegri e al suo inizio di stagione. Cos'era, questa squadra, senza di lui? Senza il suo Sette? Il ricordo è ancora vivo e tutti non vedono l'ora che inizi a sbiadirsi: vorrà dire godere dei guizzi del giocatore più potente in rosa per tanto tempo e senza intoppi. Non era scontato, dato il ko. Ora sta diventando una piacevolissima riscoperta: da una parte evoca i dolci ricordi, dall'altra tempesta il futuro della Juve di domande. Con un giocatore così, cosa può accadere?

378 GIORNI DOPO - Può accadere che nel deserto di idee, guizzi ed emozioni, Chiesa prenda palla e la sposti sulla linea dell'area di rigore, correndo su quel filo come un equilibrista alle prese con la performance della vita. Senza guardare giù, ha salutato le possibili vertigini con un destro superbo a baciare il palo, ad accarezzarlo, a indicargli la strada che percorre lungo i due pali, prima d'imboccare l'austrada delle emozioni. Eccolo lì, l'abbraccio collettivo: indica tutto il dolore patito dal ragazzo, ancor prima del calciatore. Stretto forte, nella morsa dei compagni per la rete più importante della sua stagione, Federico avrà ripercorso lo stesso freddo di quel gennaio maledetto di un anno fa. Il dolore del ko, le stampelle, la diagnosi e l'operazione. Le difficoltà al rientro. Ne ha avute tante, a tratti sono sembrate troppe, e ogni giorno lontano aveva il sapore del tempo perso. Quando sei giovane, e quando sei al massimo del tuo splendore, l'unico desiderio naturalmente è che tutti ti vedano. Quell'infortunio è stato prosciugare il riflesso nel quale da buon Narciso si è sempre specchiato. 

IL RUOLO - Ha dato una bella mano, ecco, anche a evitare i fiumi di polemiche che sarebbero scaturite da un supplementare e da chissà cos'altro ancora. Tutti i fantasmi post Napoli erano ancora lì, a fare compagnia alle cattive sensazioni del Maradona, dove proprio Federico aveva provato a scagionare la paura e a sprigionare una qualità differente. Certo: farlo a tanti metri dalla porta era complicato, e l'ha capito anche Allegri. Che può (e forse dovrebbe) ridisegnare questa squadra anche sul talento di Chiesa, sulla sua capacità di incidere e decidere, soprattutto quando tutto è fermo e lui sembra un laser puntato sui difetti della Juventus. Per un attimo, quello più bello, Chiesa ha accentrato tutte le luci su di sé e sul suo destro. Non osiamo immaginare la scarica enorme di emozione, ambizione, voglia. Di tutto. E di più. Perché adesso guai accontentarsi: c'è da riprendere da dove aveva tristemente lasciato. E tutti quei chilometri da percorrere, sì, possono persino avere il più dolce dei retrogusti.