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L'ex difensore della Juventus Giorgio Chiellini ha rilasciato un'intervista ai microfoni di Oggi, parlando soprattutto di alcuni momenti significativi della sua esperienza in Nazionale in vista dell'Europeo.

EUROPEO VINTO - "È stato il giorno più bello della mia vita sportiva. Ricordo l'ansia la notte prima della partita. I tifosi inglesi vennero a disturbare in albergo, con fuochi d'artificio. Ma io li delusi, perché dormii benissimo. Poi la colazione, l'allenamento. Eravamo nelle stanze usate dai giocatori del Tottenham e ricordo che mia figlia fremeva per parlarmi, prima che partissi per lo stadio".

DELUSIONI - "La partita con la Svezia, che ci costò la partecipazione ai Mondiali del 2018. Anche quella quattro anni dopo con la Macedonia fu dura, ma almeno avevamo alle spalle gli Europei vinti. Con la Svezia fu una tragedia, era la prima volta dal 1958 che non ci qualificavamo. Per molte notti non ho dormito. Dovetti riprendere a giocare con la Juve, ma ero frastornato, deluso, amareggiato. Pensai di lasciare la Nazionale, mi convinsero il fisioterapista e Oriali. Già Buffon e De Rossi avevano deciso di farlo, ma anche loro mi chiesero di prendere tempo e di pensarci meglio. Avevano ragione. Vedi il valore dell'ascolto?". 

MANCINI - "All'inizio ero preoccupato. Non lo conoscevo bene e lui era stato allenatore dell'Inter, storica avversaria della Juve. Un avversario tosto, anche ruvido. Non sapevo se gli piacevo, ero pronto a farmi da parte. Ma lui fu chiaro sin dall'inizio: 'Conto su di te, finché te la senti andiamo avanti insieme, al contrario ce lo diremo sinceramente'. Avevo 34 anni, allora. Ma la cosa strana della mia carriera è che il momento migliore è stato quello, tre anni di forma smagliante corroborata da una saggezza che non avevo. Mancini ci diceva sempre che avremmo vinto Europei e Mondiali, noi lo prendevamo per pazzo. Nel primo caso ha avuto ragione. È stato lo chef di quel piatto stellato, sapeva sempre come mescolare gli ingredienti, cosa aggiungere e togliere".

DONNARUMMA - "Ho passato il testimone a Donnarumma. Da lui non mi aspetto discorsi, a quelli pensa Spalletti. Ma quello che lui sa fare come pochi al mondo: parare. Il gruppo Inter è una garanzia. Mi aspetto meravigliosi spunti da Chiesa e Scamacca, a volte faticano a stare in partita ma sanno regalare momenti belli e decisivi. E poi l'intelligenza calcistica di Barella, la regia di Jorginho. Siamo una squadra tosta. Francia, Inghilterra, Portogallo forse sono favorite, ma io ho fiducia nell'azzurro. Che è sempre capace di sorprendere".

VIALLI - "Voglio raccontarti questo, per dire dell'uomo che era. Luca doveva iniziare l'ultimo ciclo di cure. Lo ha rinviato per stare con noi. Dopo la vittoria si è fermato a Londra per curarsi, non è venuto a festeggiare a Roma. Per lui, la Nazionale veniva prima della sua salute. Era una persona speciale. Sapeva usare i toni, alzarli o abbassarli nel momento giusto. Era una persona profonda, ispirata. Lui accoglieva chi veniva a Coverciano con un libro nel quale erano riportate frasi di campioni del passato sul significato della maglia azzurra. Un po' come ha fatto Spalletti facendo incontrare i suoi ragazzi con i numeri dieci più importanti della storia del calcio italiano. Radici, memoria, senso di responsabilità, coscienza di quello che la maglia azzurra significa per l'intero paese".

MORSO DI SUAREZ - "Fu del tutto inaspettato, inimmaginabile. Ho impiegato qualche secondo a rendermi conto. E quando ho capito, ho protestato, mi sembrava davvero un'ingiustizia. Per quell'episodio noi abbiamo perso una opportunità, in quel Mondiale. Se avessimo passato il turno, avremmo incontrato la Colombia e chissà... Per Suarez, che mi mozzicò la spalla, non ho mai avuto rancore, lo stimo come giocatore. Se lo avessero espulso si sarebbe risparmiato cinque mesi di squalifica e noi passato il girone. Così come se ci fosse stato il tanto contestato Var...".