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Pino Capua, capo della commissione antidoping della Figc, parla così a Gazzetta. 

CASO POGBA - "Voglio fare una premessa: si tratta di una vicenda singola su cui non è giusto intervenire. Aspettiamo. I numeri sono reali, non ci sono discussioni di sorta. Io credo che si sia alzato di molto il livello di consapevolezza del mondo sportivo anche grazie al lavoro di formazione e informazione fatto in questi anni. Siamo andati molto avanti, poi è chiaro che ci possono essere delle eccezioni, sia sotto il profilo del comportamento dei medici magari fuori dall’ambiente, sia sotto quello dell’attenzione verso il problema da parte degli atleti".

CULTURA AIUTINO - "Io credo che questo tipo di cultura sia stata presente fino a 20-25 anni fa, l’inseguimento dell’”aiutino”, qualcosa che migliorasse la prestazione anche dentro i confini del lecito o che comunque non fosse rintracciabile all’antidoping. Ora tutto questo è cambiato, intanto perché c’è stata anche la crescita della capacità di intercettare il doping da parte dell’ antidoping. Sono convinto che poi in Italia siamo davvero all’avanguardia, come dimostra la grande affidabilità del personale del laboratorio dell’Acquacetosa".

INTEGRATORI - "Ci sono tante aziende che fanno benissimo il loro mestiere. Il mercato, però, deve essere più controllato. L’integratore non è controllato come un farmaco e sicuramente servono meccanismi autorizzativi più severi".

DIFFUSIONE - "Nella base può essere diffusa, forse anche a livello amatoriale. Ma è stato e viene fatto un grande lavoro a riguardo. Noi della commissione antidoping abbiamo visitato tutti i giocatori di tutte le Nazionali, dalle giovanili alla maggiore, conducendo un percorso formativo che a cascata può arrivare a tutto il mondo del calcio. Questi ragazzi possono essere i portavoce di un atteggiamento corretto. E nelle scuole abbiamo portato il progetto “Un goal per la salute” che ha avuto un grande successo".