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Le notizie continuano a piovere. Arrivano direttamente dalle carte della maxi-inchiesta dei pm di Torino ribattezzata "Alto Piemonte", che ha svelato il coinvolgimento dei clan mafiosi nel bagarinaggio e nei biglietti in particolare quelli della casa della Juve: lo Juventus Stadium. Una fotografia, riporta la Gazzetta dello Sport, delle manovre oscure attorno al nuovo impianto del club bianconero.

ERA ESTORSIONE - La situazione è in continuo divenire e, dalle carte, emerge oggi un'informativa dei Carabinieri di Torino datata 2014 che evidenzia l'esistenza di una strategia criminale precisa, volta a intimidire il club e, nel caso specifico, la Juventus. Gli investigatori, di fatto, dopo aver ribadito l'interesse dei clan, hanno lasciato intendere una possibile estorsione ai danni della Juventus. 

AGNELLI DOVEVA DENUNCIARE - I pm si stanno muovendo, quindi, in questa cornice. La Juventus non risulta essere connivente (nessun dipendente bianconero è indagato, nemmeno il più volte citato presidente, Andrea Agnelli), ma non può considerarsi parte lesa. Agnelli e il club, infatti, non hanno denundicato in tempo le pressioni, avallando l'ipotesi investigativa di un compromesso: zero conflitti allo Stadium, in cambio facili guadagni.

IL PROCESSO E L'INDAGINE SPORTIVA - Ora è tempo delle parole e delle indiscrezioni, poi sarà il momento dei fatti. Il processo inizierà ufficialmente il 23 marzo, ma, nel frattempo, partirà anche l'indagine sportiva della Procura Federale, coordinata dall'ormai noto ex prefetto Giuseppe Pecoraro. Sportivamente parlando, la Juventus rischia di più. Si parte da una multa, fino ad arrivare all'inibizione di alcuni tesserati, tra cui lo stesso presidente, Andrea Agnelli.