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Al Corriere della Sera, Gianluigi Buffon ripercorre presente, passato e futuro. Ecco le sue parole. 

Buffon al Corriere della Sera: le sue parole

Il tifo per la Juventus

«Allora tifavo Juventus perché d’inverno i miei genitori mi mandavano dagli zii a Udine e loro erano bianconeri sfegatati. Poi, come spesso capita, quando sei un ragazzino vieni rapito dai personaggi e così fui calamitato da Trapattoni: il suo modo di proporsi, i fischi, la sua esplosività che usciva dai canoni degli allenatori dell’epoca mi portarono a seguirlo in tutte le sue avventure. Quando andò all’estero avevo 9-10 anni e iniziai a tifare per le squadre meno blasonate, seguivo Pisa, Pescara, Como, Cesena e Avellino che erano in Serie A. Quando arrivavo a scuola e i compagni facevano l’elenco delle vittorie di Milan, Inter e Juve, io sottolineavo che il Pescara aveva vinto per la prima volta in A contro l’Inter. Poi dai 12 anni iniziai a tifare Genoa, avevo degli zii sulla cui macchina era incollato un grande adesivo con il Grifone. Una squadra magica, con una tradizione antica e una tifoseria bellissima».

La prima squadra di Buffon

«Avevo 6 anni, giocavo in una società di Spezia, il Canaletto, perché mio padre allenava la prima squadra. Giocai lì per 2-3 anni, da centrocampista o libero. L’emozione di quando mi diedero il sacco con la tuta fu incredibile. Passavo giornate intere a sfogliare gli album delle figurine, studiavo la storia dei giocatori, delle squadre… l’idea di avere anche io una divisa e un borsone, di far parte di un gruppo, mi emozionava: ero orgoglioso come se la maglia che indossavo fosse stata quella del Real Madrid. Poi mio padre andò via e mi spostai alla Perticata, a Carrara, che era affiliata all’Inter. Mi divertivo tanto e avevo buoni risultati, facevo parte della rappresentativa provinciale e regionale».

In Serie B con la Juventus

«Ho avuto la fortuna e la capacità di avere come priorità l’emozionare e l’emozionarmi. Restare alla Juve in serie B, a 28 anni e da campione del mondo, sembrava da folli, ma era una scelta che mi rappresentava, il riflesso di quello in cui credevo da bimbo. I soldi invece sono sempre stati l’ultima cosa, un “non tema”».

Il ruolo di Buffon in Nazionale

«Un ruolo di cui sono orgoglioso. Sarei un folle a pensare di poter trasmettere qualcosa come è riuscito a Gianluca Vialli. Cerco almeno di non farlo rimpiangere troppo, senza però scimmiottarlo. Faccio Gigi Buffon con i miei pregi e difetti, le mie profondità e superficialità».