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Barbara Bonansea racconta “Il mio calcio libero”. Il suo libro, uscito pochi giorni prima del rientro in gruppo dopo l'infortunio. La numero 11 della Juventus Women a Tuttosport spiega: "Avrebbe dato del matto a chi dieci anni fa le avesse pronosticato un futuro da scrittrice? Ma anche meno di dieci anni! Nel 2017, alla prima stagione nella Juventus, dunque due anni fa, mio zio mi domandò: “Ma perché non scrivi un libro in cui racconti la tua storia?”. Io avevo subito risposto ridendo: “Ma a chi vuoi che gliene importi, chi mi ascolta?”. E invece adesso eccoci qui». 
 
CAMBIAMENTI - «Dopo il Mondiale si è presentata questa occasione e io sono fatta così, mi butto e ho pensato “Sai che c’è? Io roba da nascondere non ne ho. Massì proviamo”. Dopo, scrivendolo, mi sono accorta che mi è servito. Non sono una che si racconta facilmente, però mi è piaciuto farlo. E sono convinta che nel libro questo si veda, venga fuori. È stato bravo Pastonesi a connettere i miei pensieri e aiutarmi a dare loro forma. È stato pazzesco». 
 
OPEN DI AGASSI - «L’ho letto ed è sicuramente un’opera che ispira, anche se lui è molto più dettagliato. Io vivo le cose con maggiore serenità, diciamo... Ho raccontato più i miei pensieri in generale». 
 
NEL LIBRO - «Sincerità, me stessa al cento per cento. E poi sarebbe bello confrontarsi, perché io esprimo opinioni e mi fa piacere quando, dall’altra parte, qualcuno la pensa diversamente e si apre un dibattito, una critica costruttiva. Non mi piace invece l’odio che c’è nei social. Troppo: sono tutti leoni lì e magari sono gli stessi che poi ti chiedono una foto insieme. E dico spesso alle mie compagne di non prendersela, perché non ne vale proprio la pena. Io l’ho scritto nel libro: vorrei che la gente mi giudicasse se sono forte o se sono scarsa. Non per altro». 

PREGIUDIZI - «La situazione è decisamente migliorata, però si può fare ancora tanto. Ma io nel libro non ho voluto esagerare nel calcare le difficoltà, ho evitato di essere pesante o retorica: anzi, il messaggio che vorrei arrivasse alle bambine è che tutto è normale, anche partire da un paesino e arrivare a giocare il Mondiale. La mia non è una favola, semplicemente è una storia di vita. E il libro spero che possa ispirare le persone a continuare, a insistere, a perseverare».