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La sensazione è che per Federico Bernardeschi, questa stagione, sarà una lunga salita. E va sottolineata la parola 'sensazione' perché al 6 settembre, dopo una partita difficile laggiù in Armenia, un giudizio definitivo è quanto di più stupido possa esserci. Partiamo con le attenuanti, gioco preferito di questi tempi: precampionato difficile, rumors di mercato, un Douglas Costa sfavillante, posto da titolare parecchio lontano e... l'addio di Allegri, prima di qualsiasi altra novità. Perché per Max era il fulcro da cui ricostruire, ben più di Dybala; Sarri invece dà spazio a chi può sfruttare l'estro negli ultimi trenta metri. E gli ultimi trenta metri, si sa, sono un po' il problema di Federico. 

CON L'ARMENIA - L'ha palesato pure con la Nazionale: inizio incoraggiante, ma troppa fatica quando c'era da arrivare alle conclusioni, quando insomma arriva il tempo del raccolto dopo una semina di talento puro. Ha avuto difficoltà anche perché adesso non è neanche più il dodicesimo, alla Juve: è un cambio importante che pure i tifosi stanno guardando con occhio diverso, con l'occhio spazientito da chi aspetta da troppo sbocciare un fiore potenzialmente bellissimo. Eppure, cosa manca a Bernardeschi? Qualche gol, ovvio. Per ora soprattutto la forma fisica. Ma forse manca anche svestire tutte queste attenuanti ed evitare di fermarsi al palo (o alla traversa) dell'ultima partita. Mancini l'ha rimproverato molto: lo voleva più dentro il campo, mentre Fede si allargava per tentare la giocata o al limite pure il tiro in porta. Aveva una voglia matta, lo si vedeva dallo sguardo e da come sentiva l'occasione. Non ha fallito: si è solo 'rimandato'. Per l'ennesima volta.