FACCIAMO IL PUNTO - Forse converrà ricordare che questa Juve è arrivata prima nel suo girone di Champions davanti al Barcellona, e molto spesso, in campo, ha dominato, ma, soprattutto non si dovrebbe dimenticare un punto di fondo. Quando si dice che la squadra è un cantiere, che non ha avuto il tempo di allenarsi in precampionato, si considera una parte della verità. La Juve è in piena transizione o rivoluzione: prima di tutto deve cambiare una mentalità con cui ha vinto per 8 anni consecutivi per trovare il coraggio di cambiare realmente il modo di giocare. L’anno scorso ci provò in parte Sarri, che riuscì a cambiarla a metà, finendo col trovarsi in mezzo a un guado. Per non rischiare di perdere il campionato arretrò il baricentro e la mentalità: diventò un mezzo ragioniere, col risultato di capirci poco sia lui, sia i giocatori. IL PROGETTO NUOVO - L’incomunicabilità con lo spogliatoio fece il resto, ma l’idea, in casa Juve, è rimasta: approdare ad un calcio più propositivo e spettacolare, anche a costo di andare in crisi. D’altra parte l’etimologia di crisi significa valutazione e discernimento. Tutto consiste, quindi, nel saper interpretare per migliorare. A condizione, però, di avere tempo. Non un mese o due e forse nemmeno un campionato.
LASCIAMO TEMPO - Non è importante che Pirlo, cittadino della Laconia, sia simpatico ai telespettatori o ai giornalisti, ma che sappia comunicare in modo netto ed essenziale coi suoi giocatori (cosa che non riuscì a Sarri) e che salti l’ossessione del risultato immediato. Mai come ora sembra essenziale mettere in cantiere altre sconfitte da cui imparare. In gioco c’è qualcosa di più d’uno scudetto.