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Nel calcio come nella vita, gli errori non sono tutti uguali. Alcuni sono più gravi, altri meno. Ad alcuni si può rimediare facilmente, ad altri no. In tutti i casi, però, fondamentale è proprio l'intenzione di provare a sistemare le cose, anche quando si sa che tornare indietro è impossibile. Ed è da qui che si giudica un "colpevole", che si stabilisce se è giusto o meno concedere il "perdono". Se restiamo tra i confini della Serie A, ci sono almeno due episodi (più uno) che possono ben dimostrare ciò che può succedere in un caso e nell'altro. Neanche a dirlo, si parla di arbitri. 

E lo spunto viene da Monza-Inter, match concluso sul risultato di 2-2 dopo che Jean Luca Sacchi ha di fatto impedito la convalida del gol dell'1-3 firmato da Francesco Acerbi per un presunto fallo in attacco nell'area dei padroni di casa, fischiato prima che il pallone finisse in rete (e che potesse quindi intervenire il Var). Ed ecco l'errore, innanzitutto perché l'azione avrebbe dovuto proseguire, per poi eventualmente valutare il tocco che aveva causato la caduta di Pablo Marì (dovuta in realtà a un contatto con il compagno Armando Izzo, e non con Roberto Gagliardini). Ed ecco anche le scuse, al quale il direttore di gara non si è sottratto, presentandosi dinnanzi ai dirigenti dell'Inter subito dopo il fischio finale e svegliandosi questa mattina con la consapevolezza che, molto probabilmente, dovrà stare fermo per un periodo non breve.

Giusto così, del resto anche Matteo Marcenaro era stato bloccato dopo Juve-Salernitana. O forse no. Ma come no? Eppure quell'errore era stato anche più grave! Beh, però almeno erano arrivate le scuse... O forse no. Già, perché allora - e si parla del settembre scorso - il designatore degli arbitri Gianluca Rocchi aveva sostenuto che non poteva "crocifiggere" un Var e un Avar "che non avevano quelle immagini", assicurando che "se avessero avuto quella camera il risultato sarebbe stato probabilmente diverso". E dalla FIGC? Nessun problema neanche per loro, se è vero che il presidente Gabriele Gravina aveva subito invitato tutti a "darsi una calmata" e a "non gridare allo scandalo", perché "si va fuori strada se si pensa che il Var sia uno strumento che possa rendere infallibile l'arbitro". In questo caso la gravità dell'episodio - consistente nell'annullamento del gol-vittoria di Arek Milik all'ultimo minuto di recupero - era accentuata da una questione oggettiva, ovvero dall'evidenza che Marcenaro e colleghi si erano "dimenticati" di Antonio Candreva e che, in assenza delle immagini del Var, avevano preso una decisione senza prove. Prove che avrebbero dato ragione sia all'arbitro in campo che all'assistente Marco Trinchieri, ben posizionato fin da subito per vedere che il giocatore granata, nel momento del calcio d'angolo tirato da Juan Cuadrado, teneva in gioco senza problemi Leonardo Bonucci posizionato al centro dell'area, che comunque a sua volta non interferiva in alcun modo con la visuale del portiere della Salernitana. Nessun errore, comunque, nessuna scusa e nessuna conseguenza per i responsabili, secondo Rocchi e Gravina. Per non parlare di Orsato e di quei tre anni senza arbitrare l'Inter.

Due pesi e due misure, in poche parole, se si torna a quanto successo ieri con l'Inter. Ma anche con il Milan, quasi un anno fa, quando l'arbitro Marco Serra fu "crocifisso" da mezza Italia per non aver concesso il vantaggio ai rossoneri per un contatto tra Ante Rebic e Simone Bastoni in un'azione che avrebbe garantito loro la vittoria contro lo Spezia - grazie al successivo gol di Junior Messias - in una fase della stagione in cui ogni dettaglio era ancora decisivo per lo scudetto. "Quella notte non ho dormito" ha ammesso qualche tempo dopo il direttore di gara, ancora frastornato. Le scuse, anche da parte sua, non erano mancate. Così come non era mancata la "punizione" dell'AIA, che invece dopo Juve-Salernitana aveva preferito mantenere lo status quo, senza "gridare allo scandalo". Sia mai, quando di mezzo ci sono i bianconeri di Torino...