La Corte Europea gli ha detto che non possono continuare a gestire il calcio in maniera monopolistica, praticamente da padri/padroni totalizzanti , e Ceferin ha fatto spallucce si è permesso di ironizzare con la spocchia del tirannuccio “spero che la Superlega inizi il prima possibile, una competizione con due squadre”. Ovvero Real Madrid e Barcellona, gli unici 2 club fondatori capaci di non abiurare il nuovo torneo e tenere duro fino al giorno del verdetto.
Quello che la nuova Juventus di Elkann ha preferito non fare, onde evitare di rischiare una squalifica pluriennale dalle competizioni europee, pur essendo anch’essa una co-fondatrice del progetto (con tutte le conseguenze disciplinari che questa decisione ha prodotto). Risale infatti allo scorso luglio la decisione della dirigenza di avviare la procedura di uscita dalla Superlega. Seppur specificando che, per poter formalizzare il recesso ufficiale dal torneo, serviva il consenso di Real, Barca e degli altri club coinvolti nel progetto. Consenso che, ad oggi, non risulta essere arrivato. Quindi, di fatto, la Juventus è ancora dentro.
In pratica, è stato dato uno zuccherino a Ceferin per ammorbidirlo ma al tempo stesso l’abiura definitiva non c’è stata. Nonostante il tentennamento di Elkann non sia stato particolarmente gradito da Florentino Perez e Joan Laporta, sostenuti al contrario nella loro battaglia dal cugino fin quando gli è stato consentito di restare in sella alla Juventus (perché quella della dimissioni volontarie è una barzelletta).
Ed infatti ad esultare sui propri profili social per la sentenza UE è stato Andrea Agnelli , e non John. La società bianconera si è limitata ad un diplomatico no-comment, onde evitare nuove collisioni pericolose con chi non si è affatto dato per vinto e assicura di tirare dritto per la propria strada, pronto alla controffensiva.
Anche se il primo round Ceferin & company lo hanno perso in modo netto e pesante, e la loro reazione acida e nervosa certifica che lo sberlone (inatteso) lo hanno accusato eccome. A Nyon come a Roma, dove pure la FIGC di Gravina – il quale il giorno prima della sentenza aveva nuovamente minacciato di escludere dal campionato chiunque avesse aderito alla Superlega – ha promesso di agire in tutte le sedi pur di difendere il “principio generale del merito sportivo” e “il rispetto dei calendari internazionali”. Come dire, le sentenze si rispettano solo se non vanno contro un sistema che regge da 70 anni e nessuno si era mai azzardato a mettere in discussione.
La tipica reazione di chi vede vacillare il proprio potere, e allora si aggrappa ai concetti che finge di tutelare: meritocrazia, lealtà, onestà, amore per il calcio. Parole utilizzate per abbindolare quei tifosi che credettero alla favola del “calcio del popolo” senza accorgersi ,che proprio giocando sulla loro ingenuità, il pallone stava per essere svenduto agli arabi, pur di garantire rendite miliardarie e posizioni di comando ai burocrati di Nyon e delle singole leghe e federazioni. Non a caso, tutte schierate a fianco della Uefa.
E la Juventus di Elkann, che fa? Da che parte sta?
I tifosi non sembrano avere dubbi: “Where the street have no name… #finoallafine” (cit. Andrea Agnelli).