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Mission impossible. O quasi. Ecco, stiamo su quel 'quasi', perché Allegri prima ha parlato di scontro diretto e poi ha voluto quantomeno nascondersi. Tutto legittimo: è lui a partire dalle retrovie, l'alibi di avere alle spalle la Juventus ferita nell'orgoglio può essere un'iniezione di sfiducia facilissima per chi non ha il mordente di andare a conquistarsi un posto tra le top d'Europa. Proprio sul crollo di qualcuna - ne basterebbe una, due se consideriamo l'Atalanta - Allegri punta il suo cavallo vincente. Che trotta più forte di tutti, a prescindere dalla penalizzazione.

OLTRE L'IMPRESA - Da sempre Max è l'uomo delle imprese eccezionali: è riuscito a vincere uno scudetto nel 2016 quando tutto sembrava ormai perduto, ha rivitalizzato un gruppo che sembrava ai minimi storici e l'ha portato in finale di Champions a Cardiff. Qualche anno prima, nell'anno del debutto, è arrivato Berlino e una squadra a cui Conte non aveva dato neanche il beneficio del dubbio. Certo: questo sarebbe il suo capolavoro, un volume d'antologia, una storia definita propriamente "impresa sportiva". Forse oltre, per Allegri. Che anche per questo motivo la insegue più forte di tutte le altre. Se le competitor sono così lontane, vuol dire che il tesoro nascosto al di là dell'obiettivo raggiunto è certamente più alto.

PERCHE' CREDERCI - E' dura, difficile, dice lui "quasi impossibile". E allora perché tenere viva una fiammella di speranza? Allegri aveva fatto già i conti, subito dopo la penalizzazione: per andare in Champions, la quota sarebbe di 74 punti. Forse ne servirà qualcuno in meno, ma la Juve può ugualmente chiudere a 77 punti. Certo: vincendole tutte. O quasi, anche qui: anche due pareggi potrebbero andare. Con un "Pogba ottima soluzione dalla panchina" e Chiesa ritrovato, quantomeno il tecnico vuole provare a non lasciare nulla d'intentato. Sa benissimo: se vuole a stretto giro una Juventus vincente, la Champions è il boost strettamente necessario. Un'impresa eccezionale: essere normale.