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Ieri Massimiliano Allegri ha mostrato grande onestà intellettuale nell'ammettere a gran voce davanti alle telecamere di avere sbagliato nell'effettuare le sostituzioni. L'allenatore della Juventus sostiene che non avrebbe dovuto cambiare tutto il trio d'attacco Cuadrado-Morata-Dybala con Federico Chiesa, Moise Kean e Dejan Kulusevski, ma che avrebbe dovuto pensare a dei cambi anche più difensivi.

Ma in questa sede è opportuno portare l'analisi su un livello più ampio, e far notare che ok, qualche sostituzione diversa si poteva fare, ma in fondo i tre giocatori che sono entrati in campo non sono, o non dovrebbero mica essere, i primi arrivati. Possibile che Chiesa, eroe degli Europei, inscalfibile dai momenti bui intorno a lui, non riesca a incidere nell'ultimo quarto d'ora? Possibile che Kean, con l'argento vivo che lo contraddistingue e col quale due anni e mezzo fa sbalordiva tutti spaccando le partite, non riesca a cavar fuori nulla dal cilindro? E poi c'è il solito Kulusevski, che con una squadra più votata alla verticalità rispetto agli ultimi due anni e con la freschezza atletica dell'ingresso nel finale, avrebbe il potenziale per essere devastante...

Ecco, Allegri avrà anche "sbagliato", ma davvero non è lecito aspettarsi di più da questi tre elementi che sono entrati in campo per dar fiato agli stanchissimi titolari di cui sopra? Il vero problema, forse, è che lo stesso allenatore che ha condotto la Juve a cinque scudetti e due finali di Champions Leauge (senza contare le coppe nazionali) oggi si ritrova una squadra che, come qualità e come testa soprattutto, non è la stessa di allora. E che lo "tradisce" quasi sistematicamente, costringendolo poi a queste dichiarazioni autoflagellanti in interviste e conferenze stampa.