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La partita tra Massimiliano Allegri e Maurizio Sarri ormai va ben oltre i 90 minuti sul terreno di gioco; è una sfida che si gioca sul rapporto tra i due, sulla dialettica e sulla contrapposizione in campo e fuori. Conseguenza delle sfide scudetto quando Sarri era sulla panchina del Napoli, in particolare nella stagione 2017-2018 ma non solo. Ovviamente, l'addio tra la Juve e Allegri con proprio Sarri che sostituì il livornese ha alimentato la narrazione e il confronto. Tante differenze ma con un grande punto in comune, vincere lo scudetto e andarsene, non certo per scelta. 

NON BASTA LO SCUDETTO  - E proprio questo tema ha affrontato Allegri in conferenza stampa. A specifica domanda sul perché la Juve abbia scelto di separarsi sia con lui che con Sarri dopo lo scudetto vinto, ha risposto così: "Andiamo indietro... Me lo sono dimenticato. Sicuramente, parlo per me, era giusto dividersi e ci siamo divisi. La Juve ha vinto lo scudetto l'anno dopo ed era giusto così. Magari non ci saremmo ritrovati dopo. La Juve è piena di bivi, combinazioni, a volte bisogna lasciar andare le cose ed essere un po' fatalisti". Doveva andare così, questa la spiegazione di Max, anche se i motivi dietro l'addio dei due allenatori sono ben diversi.

SCARICATI, MA DA CHI? - Dopo cinque scudetti, 4 coppe italia e due finali di Champions, era arrivato il momento di separarsi con Allegri. A pensarlo però non erano tutti; sicuramente non Andrea Agnelli, che "accettò" la decisione della dirigenza, con in prima fila ovviamente, l'ex direttore sportivo, Fabio Paratici e l'ex vice Presidente, Pavel Nedved. Alla base, la voglia di vedere una Juve "diversa", soprattutto nel gioco e nell'idea, senza dimenticare il deludente doppio confronto con l'Ajax.  Non a caso, la scelta poi ricadde su Sarri.

IL 'NO' DELLA SQUADRA - Dietro l'esonero di Sarri invece, dopo solo una stagione e lo scudetto, ci sono questioni che vanno oltre l'aspetto tecnico e di campo. Certo, le prestazioni in Champions League non avevano convinto, anzi, ma ancora più decisivo è stato il gruppo squadra. Il feeling, tra i giocatori e l'allenatore non si è mai rotto, ma solo perché non è mai iniziato. Lo confermano, tra il detto e il non detto, le parole degli stessi protagonisti. Troppo difficile per Sarri riuscire ad entrare in quel mondo Juve che vinceva da anni. Un "progetto" destinato a finire e che non aveva prospettive, almeno con quella squadra.