La premessa è che Allegri sa svolgere il suo lavoro in modo straordinario: se ha conquistato sei scudetti (solo Trapattoni ne ha di più in bacheca, sette) significa che è un fantastico vincente. E non è facile esserlo, né è scontato, anche quando si ha la squadra più forte. Però…
Però, leggendo i nomi che compongono la sua Juve, pesando la qualità degli interpreti, si ha la sensazione che questa squadra così grande, con tanti campioni, qualche fuoriclasse e un fenomeno, potrebbe offrire un calcio decisamente migliore. Quindi più spettacolare e piacevole, ma anche più utile a fronteggiare i momenti di difficoltà: se si ha una squadra con un’identità precisa e definita, con un’anima tattica propositiva, diventa più semplice gestire le assenze, le emergenze, i cali di rendimento. E anche un’Ajax bella e fresca come quella che ha eliminato la Juve avrebbe avuto probabilmente maggiori problemi a battere i bianconeri, considerata la differenza di valori che - ne siamo convinti - esiste tra le due squadre. Quando Allegri parla della sua Juve, del suo lavoro, della semplicità del calcio, sembra dica: solo così, privilegiando la concretezza e penalizzando lo spettacolo, si vince. Non è vero: da Michels a Guardiola, passando per Sacchi e per molti altri meno “visionari” (Conte ad esempio), la storia dimostra che si possono conquistare trofei anche giocando bene. E' quasi incredibile, semmai, che si debba sostenere una tesi del genere: dovrebbe essere una banalità...
Lo diciamo da tempo: Allegri sarà ricordato per quanto ha vinto, non per come l’ha fatto. E’ il nuovo Trapattoni, insomma, certo non il nuovo Sacchi. Il suo lavoro merita un grande plauso, ovviamente, e la storia gli riserverà uno spazio. Ma oggi, forse, la Juve può pensare anche a qualcosa, e qualcuno, di diverso.
@steagresti