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Tre indizi fanno una prova, il colpevole è Nicolò Fagioli. Alcuni spunti interessanti nel precampionato, per poi in sostanza scomparire dal radar. Poi l’emergenza infortuni e il ritorno in campo, con la parabola alla Del Piero a regalare i tre punti alla Juve contro il Lecce. Ieri sera siamo arrivati a tre, con una prestazione di qualità e sostanza contro il Paris Saint-Germain. Questo Fagioli non può essere derubricato a comparsa, ma deve diventare una pedina importante di questa squadra, non solo a causa dell’emergenza, ma per meriti conquistati sul campo.
 
Oltre le impressioni, ci sono i freddi numeri a certificare una prestazione da big. Preciso come un orologio svizzero: 96,7% di passaggi completati – il migliore in campo -, 3 passaggi chiave, 7 lanci lunghi riusciti su 7 e 1 cross e 1 dribbling riusciti. Infallibile, o quasi. Poi, quello che non si registra con l’abaco ma si percepisce a pelle: consapevolezza nei propri mezzi, personalità, una voglia matta di emergere e di meritare quella maglia a strisce bianconere che fa parte dei suoi sogni fin da bambino.
 
Le parole di Allegri nel post Lecce erano molto chiare, a spiegare l’esclusione fin lì di Fagioli: “Si è imbastardito nel ruolo, con le sue caratteristiche può giocare davanti la difesa”. Ecco il perché di così poco minutaggio: la volontà del tecnico di lavorare dietro le quinte per costruirgli una carriera da play. La scusa, però, non regge. Questo Fagioli deve giocare, non per cieca fiducia nei giovani, né solamente per l’emergenza. Deve giocare perché aumenta la qualità della Juventus, molto più di chi troppo spesso lo ha superato nelle gerarchie.