I VIZIATI - In fondo non gli sono mai bastati i 5 scudetti, le due finali di Champions, le Coppe e le Supercoppe come se tutto o quasi fosse dato per acquisito, per naturale. Alla Juve siamo anche così: un po’ viziati. Già dopo il secondo scudetto, il suo gioco era divenuto “inguardabile”, quella del risultato una mania che “uccideva” il calcio. “La squadra è fortissima - dicevano critici e tifosi - e lui la frena”, potrebbe fare molto meglio. Contarono di più le due finali di Champions perse male di tutto il resto. Le vittorie erano merito di Pogba, Vidal, Pirlo e compagni, le sconfitte erano colpa sua. E siccome in Italia la Juve passeggiava, si pretendeva che lo facesse anche in Europa.
L'USATO SICURO - Ora dopo una doccia scozzese (con più acqua fredda che calda) durata due anni, all’insegna dell’antiallegrismo, cioè vittorie e bel gioco, spensieratezza e risultati che non sono arrivati, si torna all’usato sicuro, anzi sicurissimo, perché i modelli nuovi si sono rivelati sogni sul punto di trasformarsi in incubi. La paura del quarto posto acciuffato a 10 minuti dalla fine dell’ultima partita di campionato, due Champions più che mediocri, una crisi d’identità durata 24 mesi, hanno spazzato via ogni dubbio. Ad Allegri ora nessuno chiederà il bel gioco, la paura e lo smarrimento sono stati troppo intensi, perché quando la rivoluzione tradisce le sue promesse, la restaurazione sembra una liberazione. Anche nel calcio.