PJANIC FORZA DIECI - C’è sempre un numero 10 di cui parlare. Dieci, come le partite in cui Pjanic ha messo lo zampino contemporaneamente con almeno un gol e un assist in Serie A. Quest'anno, tra marcature (3 con quella al Bologna) e assist (8, con quello splendido di oggi per Mandzukic), siamo addirittura a 11. Se Blaise Matuidi è la vera introduzione tattica che ha permesso alla Juve di passare senza troppi rimpianti al 4-3-3, Pjanic rimane l’elemento imprescindibile, il fulcro perpetuo di gioco che questa squadra non può eliminare dall’equazione. Il match del Dall’Ara è cominciato all’insegna degli urlacci di Allegri dalla panchina: era proprio Miralem il bersaglio numero uno del tecnico, rapido a notare la poca lucidità del suo uomo migliore a centrocampo. La stessa svogliatezza vista nelle ultime partite, che avevano restituito alla formazione bianconera l’immagine di un Pjanic in fase calante. Un momento di flessione probabilmente oscurato dalla crisi di Dybala, ma comunque incisivo sulle dinamiche dei campioni d’Italia. Tutta un’illusione, spazzata via come se niente fosse dal destro magico del talento di Tuzla. “Ho fatto soltanto il mio dovere”, afferma con umiltà il bosniaco a fine partita. Rivelando poi una curiosità tattica: “Questo è il ruolo che Allegri pensava per me fin dal mio arrivo a Torino”. Abbandonati gli esperimenti da trequartista e il periodo da mediano nella linea a due, Pjanic sembra così aver trovato la propria dimensione da nuovo regista bianconero. E’ questa una caratteristica che alla Juve mancava dai tempi di Pirlo e che potrebbe rivelarsi decisiva per gli esiti della stagione. “E’ il cervello della squadra”, conferma Allegri. Miralem incassa i complimenti e rilancia, pronto a dare ancora filo da torcere al vero numero 10 sui calci di punizione, nel club del giovedì a Vinovo. Perché questa Juve, che a più riprese era sembrata Dybala-dipendente, non è mai stata così Pjanic-dipendente.
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