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Never Give Up”, recitava la maglietta con cui Blaise Matuidi si è presentato oggi al J Medical. Una frase che, al netto di facili mode, rappresenta quasi un leitmotiv di tutta la carriera del francese. Fin dal momento in cui, neppure adolescente, varcava i cancelli di Clairefontaine.

SUBITO CAPITANO - Al Centre Technique National Fernand Sastre sono cresciute leggende del calcio transalpino del calibro di Henry e Anelka, oltre a giovani stelle contemporanee come Mbappé (ma all’INF ha vissuto anche, per citare un bianconero, Medhi Benatia). Tra gli uni e gli altri si colloca Matuidi: non particolarmente talentuoso o esplosivo dal punto di vista tecnico, questo piccolo tifoso del Paris Saint-Germain ha vissuto tutta la propria vita di rincorsa. Compiuti 17 anni passa al Troyes, grazie al quale conquista la convocazione nella Francia Under 21. Nel 2007 è il turno del Saint-Étienne. Nei Verts della Loira il ragazzino ottiene in fretta la fascia da capitano, nella squadra che - in altri tempi - vide brillare la stella di Michel Platini. Nel 2010 arriva la prima chiamata da parte del c.t. Blanc nella Nazionale maggiore. “Una meteora”, pensa qualcuno: oggi Matuidi, di presenze con i Bleus, ne conta ben 52.

CRESCITA PARIGINA - Nonostante la crescita verticale di Matuidi in una piccola realtà calcistica della Ligue 1, il suo acquisto da parte del PSG - voluto fortemente da Antoine Kombouaré, che si dimetterà pochi mesi dopo lasciando il posto a Carlo Ancelotti - viene accolto con un’ondata di scetticismo. 29 presenze e un gol più tardi, nella squadra del suo cuore, Blaise sembrava già inserito nella lista dei cedibili. Falso allarme ovviamente: in una campagna acquisti che conduce al Parco dei Principi Lavezzi, Thiago Silva, Verratti e Ibrahimovic, a centrocampo viene confermato al 100% l’ex bambino di Tolosa. In quella stagione, Matuidi indosserà per la prima volta la fascia da capitano dei parigini. Scetticismo trasformato in entusiasmo, come sempre: uno scenario vissuto, nelle premesse, anche all’approdo alla Juventus. Vero, il profilo del vice-campione d’Europa con la Nazionale francese non si adatta alla perfezione alle idee tattiche di Max Allegri (qui il commento puntuale di Stefano Agresti): ma il classe ’87 è pronto a raccogliere l’ennesima sfida.

TIMIDEZZA E TACKLE - A Parigi c’è chi lo chiama Marathon Man, il maratoneta, per la sua resistenza e la corsa incessante dietro agli avversari. Matuidi è questo: irritante, talvolta, con la sua capacità innata di far sentire il fiato sul collo al portatore di palla. Tanti polmoni e tanti tackle che hanno fatto la fortuna del PSG di Ancelotti, Blanc ed Emery: di stelle sono arrivate, all’ombra della Tour Eiffel, eppure il suo posto non è mai stato messo in discussione. Qualche tifoso parigino, sul web, lo ha salutato nella giornata di oggi con l’appellativo “PSG Legend”. Molta acqua sembra passata sotto i ponti, da quel trasferimento nella Capitale nell’estate del 2011. Matuidi è questo: timido, poco televisivo, senza alcuna voglia di sprecarsi in chiacchiere. Uno dei suoi pochi vezzi risiede nella folle esultanza con cui festeggia dopo i gol: Charo, il balletto dell’avvoltoio. Siamo lontanissimi dall’esuberanza social dell’amico Paul Pogba, suo compagno di reparto in Nazionale. Chissà che ai tifosi juventini, Blaise non possa stuzzicare la medesima, sconfinata, passione.

@mcarapex