Una sconfitta è sicuramente cocente e dolorosa, però fa bene. Fa bene alla passione, all'amore, alla complicità. E sapete perché? Perché da sei anni a questa parte, epoca di Conte e poi successivamente di Allegri, la Juventus era diventata ormai una sorta di totem inviolabile e indistruttibile che contrastava perfino con le umani leggi naturali. La statistica, per esempio. Ecco, statisticamente dopo sei anni di trionfi, era ed è possibile, se non addirittura certo che si debba attendere non una sconfitta clamorosa, ma un lieve cedimento. Da prima che iniziasse il campionato ho scritto che sarebbe stato il Napoli a vincere lo scudetto. Non sono un veggente e non guadagno da vivere come Paolo Fox. Però, oggettivamente, pensavo e penso che un avvicendamento del genere sia assolutamente plausibile oltreché agonisticamente corretto. Ieri la Juventus proprio nel momento della sconfitta, ha mostrato a chi la ama veramente quell'umanità e quell'essere "normale" che la rende non più l'oggetto odiato da tutti, ma il soggetto di una rappresentazione teatrale bellissima dove i vincitori non sono sempre i vincitori, ma talvolta riescono a esserlo anche quando sono sconfitti. La disperazione di Dybala, l'ansia di Allegri prima del rigore sbagliato, l'eroica prestazione di Chiellini "solo contro tutti", la cocciutaggine di Buffon e anche le manchevolezze di Higuain, realmente desolato e arrabbiato contro sé stesso, hanno dimostrato che la Juventus non è e, soprattutto, non è mai stata uno di quei replicanti che sono protagonisti del sequel capolavoro di Blade Runner. Adesso, cara Juve, per questi motivi e per tanti altri, ti vogliamo più bene.
Cara Juve, proprio adesso ti vogliamo ancora più bene
Cara Juve, erano più di 20 anni che non si perdeva in casa contro la Lazio. Quella stessa squadra che, i più giovani non lo ricorderanno certamente, ci permise di vincere uno scudetto insperato per la regia di Heriberto Herrera. L'Inter perse a Mantova e noi la scavalcammo all'ultimo minuto. Questo fa parte della memoria, certamente. La realtà è che, ieri sera, abbiamo chinato la testa a fronte di quello che qualcuno pensa potrebbe essere il prossimo allenatore della Juventus. Zoff, ho saputo e ho letto, riterrebbe questo tipo di successione una follia. Probabilmente Dino, che ha soltanto qualche anno più di me, è vittima anche lui di piccoli sbandamenti visivi e intellettuali. Simone Inzaghi, fratello del più celebre Pippo, è invece per me un mister assolutamente papabile per la Juve. Ieri, non solo gestualmente e foneticamente, lo ha dimostrato dalla panchina, ma lo ha addirittura superato in chiave tattica quella che è stata la strategia di un maestro del calcio come Allegri. Ma anche questo non è il punto.
Una sconfitta è sicuramente cocente e dolorosa, però fa bene. Fa bene alla passione, all'amore, alla complicità. E sapete perché? Perché da sei anni a questa parte, epoca di Conte e poi successivamente di Allegri, la Juventus era diventata ormai una sorta di totem inviolabile e indistruttibile che contrastava perfino con le umani leggi naturali. La statistica, per esempio. Ecco, statisticamente dopo sei anni di trionfi, era ed è possibile, se non addirittura certo che si debba attendere non una sconfitta clamorosa, ma un lieve cedimento. Da prima che iniziasse il campionato ho scritto che sarebbe stato il Napoli a vincere lo scudetto. Non sono un veggente e non guadagno da vivere come Paolo Fox. Però, oggettivamente, pensavo e penso che un avvicendamento del genere sia assolutamente plausibile oltreché agonisticamente corretto. Ieri la Juventus proprio nel momento della sconfitta, ha mostrato a chi la ama veramente quell'umanità e quell'essere "normale" che la rende non più l'oggetto odiato da tutti, ma il soggetto di una rappresentazione teatrale bellissima dove i vincitori non sono sempre i vincitori, ma talvolta riescono a esserlo anche quando sono sconfitti. La disperazione di Dybala, l'ansia di Allegri prima del rigore sbagliato, l'eroica prestazione di Chiellini "solo contro tutti", la cocciutaggine di Buffon e anche le manchevolezze di Higuain, realmente desolato e arrabbiato contro sé stesso, hanno dimostrato che la Juventus non è e, soprattutto, non è mai stata uno di quei replicanti che sono protagonisti del sequel capolavoro di Blade Runner. Adesso, cara Juve, per questi motivi e per tanti altri, ti vogliamo più bene.
Una sconfitta è sicuramente cocente e dolorosa, però fa bene. Fa bene alla passione, all'amore, alla complicità. E sapete perché? Perché da sei anni a questa parte, epoca di Conte e poi successivamente di Allegri, la Juventus era diventata ormai una sorta di totem inviolabile e indistruttibile che contrastava perfino con le umani leggi naturali. La statistica, per esempio. Ecco, statisticamente dopo sei anni di trionfi, era ed è possibile, se non addirittura certo che si debba attendere non una sconfitta clamorosa, ma un lieve cedimento. Da prima che iniziasse il campionato ho scritto che sarebbe stato il Napoli a vincere lo scudetto. Non sono un veggente e non guadagno da vivere come Paolo Fox. Però, oggettivamente, pensavo e penso che un avvicendamento del genere sia assolutamente plausibile oltreché agonisticamente corretto. Ieri la Juventus proprio nel momento della sconfitta, ha mostrato a chi la ama veramente quell'umanità e quell'essere "normale" che la rende non più l'oggetto odiato da tutti, ma il soggetto di una rappresentazione teatrale bellissima dove i vincitori non sono sempre i vincitori, ma talvolta riescono a esserlo anche quando sono sconfitti. La disperazione di Dybala, l'ansia di Allegri prima del rigore sbagliato, l'eroica prestazione di Chiellini "solo contro tutti", la cocciutaggine di Buffon e anche le manchevolezze di Higuain, realmente desolato e arrabbiato contro sé stesso, hanno dimostrato che la Juventus non è e, soprattutto, non è mai stata uno di quei replicanti che sono protagonisti del sequel capolavoro di Blade Runner. Adesso, cara Juve, per questi motivi e per tanti altri, ti vogliamo più bene.