"Il mio e nostro compito è guardare avanti: non si vive di rimpianti, ma di obiettivi, pensando ai risultati davanti a noi". Il giorno della partita e l'episodio fanno già parte del passato, e si pensa ai prossimi traguardi da raggiungere. Non ci saranno commemorazioni in casa Juventus: non ci saranno casi 'Turone', o 'Ronaldo-Iuliano', o 'Muntari'. Nessuno in casa bianconera fra cinque, dieci, venti o trent'anni parlerà ancora dell'arbitro Oliver. Ancora Buffon: "Se lo dovessi incontrare lo abbraccerei e lo ringrazierei, perché espellendomi mi ha permesso di uscire dal Bernabeu senza subire gol". E' questo il compito che la Juventus si pone: nel 'duello' con gli arbitri europei, nei negli ultimi anni sono stati penalizzati dagli episodi (rigore su Pogba nella finale con il Barcellona, sull'1-1; gli errori durante Juve-Bayern e Bayern-Juve), i bianconeri provano a fare la differenza pensando al campo, ai prossimi risultati. Perché si può piangere per una notte, ma non per sempre.
E così, se da una parte Buffon, con le parole dette al Bernabeu, per una notte aveva messo i tifosi bianconeri nelle condizioni di non poter più dire che gli arbitri sono l'alibi dei perdenti, per poi tornarci su con parole più moderate ("Le decisioni che prendiamo sono un modo per definire noi stessi e per farci diventare quello che vogliamo, con i nostri pregi e i nostri difetti. Pur esagerando e a volte sbagliando, ma questo significa vivere ed è per questo che sono venuto al mondo", ha detto oggi), dall'altra ci sono una dirigenza e un club che provano a invertire la rotta rispetto alle abitudini del nostro calcio.