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Leonardo Bonucci si racconta in una bella intervista rilasciata a Vanity Fair nella quale parla non solo di ‘campo’ ma anche della sua famiglia e della sua sfera privata a partire dalla grande paura per la malattia di uno dei figli: «Prima di entrare in sala operatoria mi ha guardato e mi ha fatto il verso del leone. E’ il ricordo più nitido che ho di quei giorni terribili. Io gli dicevo sempre che era il mio leone. Quindi, nonostante la situazione, ha trovato la forza per farmi un ruggito».

Immagino sia stato il momento in cui ha avuto più paura in vita sua.
«Pensare che eravamo tutti insieme, dopo l’Europeo. Ci siamo svegliati la mattina e Matteo si comportava in maniera strana. Allora siamo andati in ospedale e ci siamo usciti dopo 25 giorni».

Ricorda i pensieri dei quel periodo?
«La scala delle priorità cambia, guardi le cose da un’altra prospettiva. Nella sfortuna, abbiamo avuto la fortuna che tutto si sia risolto per il meglio: episodi così ti uniscono ancora di più».

I leoni tatuati sulla spalla sono i suoi figli?
«Sì, li ho fatti passata la paura. Quello più “coraggioso” è Matteo. Mentre quello più attento, curioso, è Lorenzo».

Anche Lorenzo però è stato coraggioso a mettersi la maglia del Torino durante il derby.
«Mia moglie non mi aveva detto né che lui gliel’aveva chiesta né tantomeno che lei gliel’aveva comprata. Così, quando io gli ho detto mettiamoci la maglia della Juventus per vedere la partita, lui mi ha detto “no, io ne ho un’altra”».

E lei?
«Nulla, me lo sono visto apparire dalla camera vestito granata. Mi sono fatto una risata e gli ho fatto la foto che poi ho postato sui social».

Gli stessi social dove in estate è stato bersagliato. Lei legge i commenti? Ce n’è uno a cui avrebbe voluto rispondere?
«Sì, io leggo quasi tutto. E quando ti insultano la famiglia, soprattutto dopo che hai passato certe cose, ti sale il veleno dentro. Vorresti andarli a prendere a casa, poi magari sono gli stessi che ti chiedono un selfie se ti incontrano. Certo, bisogna farsi scivolare addosso certi commenti e concentrarsi sul resto. I social sono pericolosi, ma possono essere anche importanti per far passare messaggi positivi».

Lei li usa molto. E ora lancia una nuova piattaforma web.
«Sì, è stata mia moglie Martina a portarmi dentro il mondo H-FARM dove ho trovato un grande gruppo. La parola d’ordine sarà interattività».

Ossia?
«Ci sarà anche un cartone animato, “Big”, un sorta di alter ego col quale racconterò aneddoti della mia vita su richiesta dei tifosi».

Anche le presunte liti negli spogliatoi con alcuni compagni?
«Ci saranno anche aneddoti di campo. Ma non c’è niente di vero in tutto quello che è stato scritto riguardo all’intervallo della finale di Champions».


Ha un ricordo in cui sua moglie è stata particolarmente importante?
«Il primo anno alla Juventus, quando spesso andavo in panchina e non ero contento del rendimento. Stavo per trasferirmi a San Pietroburgo, lì mi è stata vicina ed è stata fondamentale».

Quando appenderà le scarpette, vedremo anche lei in Federazione?
«Io voglio provare a fare l’allenatore. Ma prima, a carriera conclusa, voglio farmi qualche bel viaggio con tutta la famiglia. Prima tappa, il Perù».