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Quello che sembrava un crollo verticale, alla fine, è diventato un lento trascinarsi verso un finale. Sarà bello? Sarà duro da digerire? Per ora, beh, è solamente incerto: le vittorie con Fiorentina e Lazio sono diventate tutto ciò che erano sembrate, ossia illusorie; i pareggi con Torino e Cagliari in esterna, invece, hanno paradossalmente irrobustito le certezze attorno a questa squadra. 

Se in campo ci fosse stata la Juve del primo tempo dell'Olimpico e quella della ripresa dell'Unipol Domus, allora Allegri avrebbe potuto dormire sonni tranquilli. Invece questa è ancora una squadra a metà. Convalescente, ma traumatizzata. Umorale, altro che caratteriale. E impaurita, e poi coraggiosa. Come se ogni partita fosse la pedana del bungee jumping: sei pronto a buttarti solo quando non pensi più a ciò che potrebbe andare storto. 

E' una trappola mentale e Allegri ha palesemente smarrito la bussola che porta alle vie d'uscita. Si vede a occhio nudo, si percepisce pure distrattamente: il tecnico è deluso. Si prende tutto ciò che arriva senza più l'aplomb di chi ha fiducia nel lavoro svolto, ma ha mollato la squadra ancor prima che la squadra mollasse lui. 

A ribadirlo sono stati soprattutto gli ultimi due post partita: "Li avrei cambiati tutti", ha raccontato ieri a DAZN; dopo il derby aveva persino spiegato i movimenti esatti e gli errori di tutti, in particolare quelli di Vlahovic. Era un modo per spronarli, forse. E' stato un modo per de-responsabilizzarsi, più probabilmente. 

La sensazione è che il primo a essere stufo della Juventus di Allegri sia Allegri stesso. Impossibile dargli torto.